Quei 115 processi finiti nel nulla e costati milioni alle casse italiane

In 30 anni le Procure hanno montato innumerevoli inchieste per incastrare il Cavaliere e il suo gruppo: 67 indagini su 68 sono finite con assoluzioni o archiviazioni. Ora quei pm dovrebbero rispondere dei costi per consulenze, stipendi e intercettazioni

Quei 115 processi finiti nel nulla e costati milioni alle casse italiane

Loro i numeri non li hanno mai dati. Loro: i magistrati, i procuratori della Repubblica che sulla caccia a Berlusconi hanno investito risorse sconfinate e costruito carriere. Non esiste una statistica ufficiale, che pure non sarebbe difficile ricostruire, dei milioni di euro pubblici spesi in stipendi, consulenze e intercettazioni per incastrare il Cavaliere, durante i trent`anni di quella che è stata in fondo una unica interminabile indagine. Forse il conto non è mai uscito perché sarebbe una statistica da mandare dritto filato all`esame della Corte dei conti, vista la sproporzione clamorosa tra investimento e risultati, e qualche procuratore potrebbe vedersi accusato di sperpero di denaro pubblico.

Ma una idea ce la si può fare ugualmente, sulla base dei dati disponibili, e porta a conclusioni disarmanti sui costi sostenuti dalla collettività per un assedio giudiziario senza precedenti. I dati di partenza sono quelli che in questi anni hanno registrato e aggiornato i difensori di Berlusconi e delle sue aziende, fin da quando si è capito che l`avviso di garanzia del 1994 non era un caso isolato ma solo il primo episodio del martellamento destinato a investire tanto il Cavaliere che il gruppo economico da lui creato.

Aggiornati alla data di ieri, questi dati dicono che a partire dal 1994 sono stati aperti dalle Procura italiane 115 procedimenti penali in direzione del leader di Forza Italia. Un ritmo quasi incredibile, vuol dire che ogni tre mesi da qualche parte del Paese un pm si alzava e apriva un`inchiesta contro Berlusconi o il suo gruppo. Bersaglio preferito, Berlusconi come persona fisica: dei 115 processi più della metà, sessantotto, avevano direttamente «Berlusconi Silvio, nato a Milano» come oggetto delle indagini. Negli altri casi a finire nel registro degli indagati sono stati dirigenti e funzionari del gruppo, sottoposti anch`essi al fuoco di fila degli avvisi di garanzia.

Accanimento legittimo, se le Procure avessero avuto davanti il capo di una banda di delinquenti. Il problema è che l`esito delle inchieste e dei processi ha dimostrato il contrario. Delle sessantotto inchieste contro Berlusconi, sessantasette sono finite in nulla. Per l`esattezza 34 sono finite con archiviazioni chieste e ottenute dagli stessi pubblici ministeri, costretti a prendere atto - dopo avere speso montagne di soldi - di avere inseguito reati inesistenti. Per due volte, i pm hanno provato a chiedere il rinvio a giudizio ma il giudice preliminare gli ha dato torto e ha archiviato l`inchiesta. In altri sedici processi nei confronti di Berlusconi è stato disposto il «non doversi procedere», formula che comprende un po` tutto: dalle prescrizioni alla depenalizzazione del reato. E poi c`è il diluvio delle assoluzioni: quindici, compresi i casi più gravi e strombazzati, dalle presunte tangenti alla Finanza, ai soldi a Craxi, al caso Mondadori, al processo Ruby in tutte le sue declinazioni.

Certo, c`è stata una condanna definitiva, quella per i diritti tv (peraltro, come è noto, assai contestata). Un risultato magro, di fronte alle spese. Se un pubblico ministero costa allo Stato non meno di 250mila euro all`anno, e quel pm - come è successo per esempio nel caso di Ilda Boccassini e Fabio De Pasquale - si occupa per anni solo di indagare su Berlusconi il conto si fa pesante in fretta. Al costo dei pm vanno aggiunte intere sezioni di polizia giudiziaria, con decine di uomini - costo approssimativo almeno centomila euro annui ciascuno - dedicati in pianta stabile alla caccia al Caimano. A rendere stratosferico il costo è anche la quantità inverosimile di udienze tenute contro Berlusconi e Fininvest. Le ultime stime parlano di quattromila udienze, ognuna delle quali ha impiegato uno o tre giudici, cancellieri, tecnici di registrazione.

Non è tutto, anzi. A fare la parte del leone sono due capitoli di spesa cui le Procure sono ricorse ampiamente nelle inchieste a carico del Cav. Uno è costituito dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, classico buco nero della giustizia italiana, appaltate a società private che a volte finiscono anch`esse sotto inchiesta. Per le inchieste Ruby, Ruby due e Ruby ter sono stati messi sotto controllo decine di telefoni, e sono stati intercettati persino giornalisti che seguivano la vicenda. Risultato zero, soldi spesi tanti. Per non parlare delle intercettazioni a tappeto disposte dalla Procura di Firenze nell`ambito dell`unica inchiesta tenuta aperta fino alla morte di Berlusconi, che vedeva il Cavaliere indagato insieme a Marcello Dell`Utri come mandante delle bombe del `93. É l`inchiesta che l`altro giorno ha fatto dire a Matteo Renzi «se a Firenze pensano che Berlusconi abbia ordinato le stragi devono farsi curare», ma intanto inchiesta e intercettazioni continuano.

Nell`ordine dei milioni di euro si possono poi stimare le parcelle versate ai consulenti finanziari delle Procure, soprattutto nelle indagini a fondo fiscale: come il processo Mediatrade, finito con l`assoluzione di tutti gli imputati. Il costo delle perizie lo hanno pagato i contribuenti.
A dare le dimensioni dell`offensiva giudiziaria contribuisce l`analisi dei costi che l`indagato Berlusconi ha dovuto sostenere per difendersi nella sequenza di processi affrontati in questi anni. Nel maggio del 2015, ospite di Nicola Porro a Virus, il leader azzurro sfoderò cifre impressionanti: «ho speso 565 milioni in avvocati», disse.

Uno sforzo finanziario enorme che solo un imprenditore della sua stazza economica avrebbe potuto affrontare. Chiunque altro al posto di Berlusconi avrebbe dovuto soccombere davanti alla impossibilità pratica di difendersi. Perché gli imputati, a differenza delle Procure, non hanno budget illimitati.

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