La rettrice della Statale: "Mai accetteremo censura, violenza, prevaricazioni"

L'Università sta verificando le "responsabilità individuali" del raid contro l'incontro dei pro vita

La rettrice della Statale: "Mai accetteremo censura, violenza, prevaricazioni"
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Parla di «diritti» e di «responsabilità». Parla di «dissenso che arricchisce e non divide», di «rispetto per l'altro che deve essere una regola e non l'eccezione». È una lunga lettera quella che la rettrice della Statale Marina Brambilla ha voluto inviare ieri a tutta la Comunità accademica dopo il violento raid il 26 novembre scorso per interrompere l'incontro dei pro vita dal titolo «Accogliere la vita - storie di libere scelte». «Episodi di aggressività e intolleranza - scrive Brambilla - che non rappresentano l'identità della Statale e che non devono ripetersi». Le sue, non sono solo (belle) parole di «ferma condanna» e di riflessione sui «valori fondamentali di un'università», cioè «libertà di espressione, rispetto reciproco e l'importanza di un confronto civile e pacifico». Alle parole seguono i fatti. «L'ateneo, dopo aver fatto piena luce su quanto avvenuto e aver invitato tutti al rispetto delle regole civili, sta procedendo a una verifica delle responsabilità individuali che saranno segnate da provvedimenti, previa approfondita analisi». Chi ha sbagliato, questa volta dovrà pagare.

Perché «quanto accaduto nel nostro Ateneo, con manifestazioni verbali e fisiche violente, non solo è inaccettabile sul piano etico, ma rappresenta una violazione dei valori fondamentali di una comunità accademica. Dissentire è legittimo - scrive la rettrice - e, anzi, necessario per favorire una cultura del confronto; ma dissentire non significa impedire l'espressione altrui; piuttosto vuol dire esprimere le proprie ragioni in modo civile, organizzando dibattiti alternativi, presentando contro-argomentazioni e arricchendo il dialogo con nuovi punti di vista». E aggiunge che «le posizioni espresse possono essere anche profondamente divisive, ma devono mantenersi sempre nell'alveo di un confronto dialogico e critico, in cui la diversità di opinioni rappresenta una risorsa, mai una minaccia o un segno di debolezza». A parte infatti «il rispetto dei principi costituzionali, l'Università è una zona ideologicamente franca, e invitiamo studenti e studentesse a esprimere le proprie opinioni e a organizzare, nell'osservanza delle regole comuni previste, incontri e dibattiti utili alla formazione e alla crescita culturale». «Mai come Statale, - puntualizza - pertanto, accetteremo alcun tipo di censura, violenza e intolleranza, da qualsiasi parte venga». La rettrice torna quindi a ribadire la «ferma condanna di ogni forma di violenza e prevaricazione». E rivolgendosi ai giovani studenti e studentesse «come Rettrice - sottolinea - credo nella vostra capacità di sentire e riflettere i problemi del nostro tempo: con voi lavorerò, in questi sei anni, per costruire un ateneo sempre più vocato al dialogo, in cui tutti - nessuno escluso - si sentano rappresentati, in un delicato lavoro di negoziazione che deve bilanciare la libertà di espressione con l'imprescindibile sicurezza dei singoli e dell'istituzione». Per questo proporrà agli organizzatori dell'incontro dello scorso 26 novembre di riorganizzare l'evento, «invitando chi ha altre idee sull'argomento a dibatterne nei modi e nelle sedi opportune». Ma «invito - conclude - tutti voi, studenti, docenti e personale, a riflettere su quanto accaduto e a impegnarvi per costruire un ambiente universitario all'altezza dei valori che La Statale vuole rappresentare. Se non siamo capaci di rispettare le opinioni altrui e di dialogare con chi la pensa diversamente da noi, rischiamo di tradire la missione più alta dell'università: coltivare lo spirito critico e la capacità di guardare le cose da più punti di vista, essere un laboratorio di idee e di civiltà. Facciamo in modo che il nostro Ateneo continui a costituire un luogo di crescita, dove il dissenso arricchisce e non divide, dove la parola deve essere più forte del silenzio imposto e dove il rispetto per l'altro deve essere la regola, mai l'eccezione». Perché «senza la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni, e senza il coraggio di ascoltare anche ciò che non condividiamo, il sapere stesso diviene autoreferenziale e si impoverisce».

Ma come due facce della stessa medaglia «ogni diritto comporta una responsabilità. La libertà di espressione non deve mai trasformarsi in un pretesto per imporre le proprie idee con aggressività o per negare agli altri il diritto di parlare».

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