New York - Guai a non finire per la Bp. Dalla catastrofe ambientale nel Golfo del Messico, causata dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon che vomita ogni giorno migliaia e migliaia di barili di petrolio in pieno Oceano, alla perdita per un inconveniente tecnico che si è verificato ieri mattina nell'oleodotto dell'Alaska, posseduta e controllata al 47% dalla Bp.
Da un disastro all'altro, da una falla sottomarina a un'altra che si è verificata ieri in uno degli ecosistemi più fragili al mondo, l'Alaska centrale, dove vivono caribou e altre specie in via di estinzione: la maledizione della Bp sembra non aver fine. Migliaia di barili di petrolio sono fuoriusciti ieri dalla Trans-Alaska Pipeline, l'oleodotto lungo quasi 1.300 chilometri che collega da un’estremità all'altra l'Alaska: dalla baia di Prudhoe al porto di Valdez. In quei tubi ogni giorno transitano quasi 700mila barili di greggio e ieri, durante un normale test all’impianto antincendio, si è verificata la fuoriuscita in poche ore di quasi 10mila barili di petrolio. Per fortuna, la perdita è stata contenuta in massima parte da un contenitore di emergenza che ha una capacità di 105 mila barili di greggio. Doveva essere un test di routine, per un oleodotto costruito quasi 40 anni fa, e invece un problema tecnico ha fatto aprire le valvole di scarico e subito una marea nera ha invaso la stazione di pompaggio numero 9, quella situata a circa 160 chilometri a sud della città di Fairbanks. Non ci sono stati feriti, i 42 tecnici che lavorano nella stazione di pompaggio sono stati fatti sgombrare per le esalazioni nocive che emana la marea di petrolio e i possibili rischi d'incendio. Immediatamente l'oleodotto è stato chiuso, il flusso del greggio è stato ridotto al 16 per cento ma occorreranno almeno due giorni per far defluire il petrolio nel contenitore d'emergenza e riparare il sistema antincendio della stazione di pompaggio. Se un incidente del genere si fosse verificato in pieno inverno, quando la temperatura è tra le più rigide che si registrano nell'intero pianeta, e i tempi di intervento sono più lenti e difficili, la perdita avrebbe provocato una catastrofe ben peggiore.
Intanto dalla Casa Bianca, il presidente Obama è sempre più in difficoltà per come la sua amministrazione sta gestendo il disastro del Golfo del Messico. Con l'indice di popolarità che precipita di giorno in giorno, Obama ha espresso in privato la propria frustrazione per i ritardi e l'incompetenza della Bp nell'affrontare e chiudere la falla creata dell'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon. «Tappate quel maledetto buco», avrebbe gridato ieri più volte il presidente ai più stretti collaboratori del suo governo. La marea nera si sta allargando nel Golfo del Messico da ormai 36 giorni e finora tutti i tentativi della Bp di chiudere la falla sono andati a vuoto. La compagnia petrolifera sta mettendo a punto in queste ore un ennesimo piano, questa volta a bloccare il flusso dovrebbe essere un getto di fango sparato ad altissima pressione per creare una specie di tappo e quindi sigillare il pozzo con una enorme campana di cemento. Un'operazione del genere non è mai stata effettuata a una profondità di 1.500 metri e dunque l’esito dell’operazione resta incerto. Ma non esistono altri metodi immediati per tamponare la falla.
Obama domani farà la sua seconda visita nell'area interessata dalla fuoriuscita per valutare direttamente i danni.
Mentre ogni giorno cresce ogni giorno l'angoscia dei cittadini americani per lo scarso successo e le continue bugie della Bp nell'affrontare l’emergenza e per i ritardi e l'immobilismo della Casa Bianca in tutta la vicenda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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