Maludrottu, pugni al mondo col manager del bar accanto

Simone, peso gallo, sfida oggi in Giappone il detentore Hasegawa. La sua favola cominciò dal bancone del maestro Pellegrino, a Osaka ha portato l’arma in più: gnocchetti sardi

Quattro amici al bar ed ecco Maludrottu, che di nome fa Simone, di soprannome Boom Boom, ha colpi sodi, testa dura e cuore generoso come sa esserlo quello dei sardi. Ed è il miglior rappresentante della sarditas dei pugni, quella che ha generato Tore Burruni e Piero Rollo, Franco Udella e Tonino Puddu, gente tosta, piccoletti dall’azzanno facile, indomabili come sanno solo esserlo i messicani o gli irlandesi sul quadrato.
Oggi, all’ora del pranzo, Maludrottu salirà sul ring di Osaka, Giappone, per sfidare Hozumi Hasegawa, campione del mondo dei gallo per la sigla Wba, altro esemplare di pugile proveniente da una tradizione, quella orientale della boxe: veloce, resistente, preciso, più soffre e più si fa leone. Sarà un brutto affare per il nostro campione, che ormai ha abbandonato la cintura europea, ma grazie a quella ha trovato la strada per arrivare al mondiale: il sogno della vita da quando aveva 13 anni, cioè da quando ha messo in un cantuccio i libri delle medie e si è presentato in palestra. «Con i libri non ci sapevo fare, con le mani ero molto meglio», ha raccontato. E così fu. Maludrottu è di Olbia, là in quella zolla dell’isola dove il mare comincia ad essere smeraldo e la costa attira la gente vippaiola. Ha alternato pugni al lavoro di idraulico, impiegato nell’azienda di papà. Poi, quando è diventato campione anche in Europa, papà lo ha messo in aspettativa: pensa a picchiare, gli ha raccomandato. Ed allora le giornate si sono divise tra pugni e mare, in barca a pescare (l’altra passione) su quella striscia di costa che arzigogola tortuosa fino a Porto Rotondo, o sul quadrato della palestra comunale: due volte al giorno, anche la domenica. Finché il Comune non ha deciso di abbattere e ricostruire tutto, quindi anche la palestra, e il nostro si è dovuto accontentare di un capannone riadattato vicino alla zona industriale.
Accanto a lui la presenza di un angelo custode, che poi è il suo maestro: si chiama Egidio Pellegrino ed è uno di quei personaggi della boxe che nasce dal tempo e dai ricordi antichi. Il suo vero mestiere è quello del barista, barista nel bar di proprietà della famiglia, posizionato nei dintorni di San Simplicio, la chiesa simbolo di Olbia, patrimonio artistico sardo. E da lì, fra tavolini e bancone, nasce la storia di quattro amici al bar che hanno cominciato a far lievitare la favola di Maludrottu. Favola perché ogni storia di boxe ha in sé qualche contenuto favolistico, talvolta a lieto fine, talaltra intristente. Pellegrino ha svezzato il pugile: come i vecchi maestri d’un tempo apre e chiude la palestra, pulisce, mette in ordine, magari ci rimette del suo, lavora al mattino al bar e fra pomeriggio e sera tien sotto torchio ragazzi e ragazzini con i guantoni. Tonino Puddu, ex peso leggero, ed ex campione d’Europa di quella categoria, è invece l’uomo, il manager che ha condotto Boom Boom alla conquista di un pedigree, composto dal titolo italiano dopo 13 match e di quello europeo, sempre difeso senza perdere. Oggi il record parla di 26 match vinti (10 per ko)e una sconfitta ad inizio carriera. Poco migliore di quello del giapponese: 22 match vinti, 7 per ko, e 2 sconfitte (anche queste ad inizio carriera). Maludrottu (29 anni) non ha un colpo risolutore. «Ma sono un diesel, più vado avanti e più carburo», racconta lui. L’altro (27 anni) è un mancino, non potente ma preciso ed ha nel palmares la vittoria sul thailandese Sahaprom, a suo tempo un demonio.
Il nostro è volato in Giappone portandosi dietro una piccola scorta di gnocchetti sardi, pur sapendo che i problemi di peso non gli permettavano troppi premi extra: poca carne, frutta e pesce. Ma lui, abituato a combattere all’estero, stavolta si è sentito un po’ più solo. In Giappone avrà tutto un pubblico contro e forse qualche giudice, non a caso un americano, Duane Ford, che ha già giudicato tre match di Hasegawa. Da quelle parti è sempre meglio vincere per ko.

L’Asia non ha mai portato fortuna ai nostri pugili, anche ai più grandi: sei mondiali e sei sconfitte. Ma Osaka è la città dove, in agosto, abbiamo scoperto Andrew Howe e Antonietta Di Martino. Chissà non ci sia posto anche per Boom Boom.

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