Roma - Un bel balzello fresco fresco, aggiornato al 1938, per scucire dalle imprese italiane i soldi per il cachet di Celentano, per la farfallina e il minislip di Belèn e tutto il resto del carrozzone Rai. C’è anche questa sorpresina per le aziende che in questi giorni stanno ricevendo a pioggia, senza tante distinzioni, una letterina dalla Direzione abbonamenti della Rai. Gli chiedono il canone, e fin qui sarebbe anche normale. Il problema è che la Rai lo chiede anche alle imprese che non hanno una tv in ufficio ma solo i computer per lavorare. Perché? Perché la legge, attuale ma risalente a un Regio decreto di 74 anni fa, dice che la tassa più odiata d’Italia la deve pagare «chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi». Quindi non solo un televisore, ma anche un computer, un semplice monitor, un telefono cellulare, un I-Pad, un decoder, e secondo certe interpretazioni persino un videocitofono, una videocamera, un macchina fotografica digitale, una telecamera per videosorveglianza!
Questo vale sia per le famiglie, a cui arriva la domanda per il «canone ordinario», sia per le aziende, a cui mandano la richiesta per il «canone speciale», perché si suppone abbiano «apparecchi atti alla ricezione di programmi tv in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dall’ambito familiare». Nelle lettere che abbiamo potuto leggere è scritto chiaro e tondo dalla Rai: «La informiamo che le vigenti disposizioni normative impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno più apparecchi atti od adattabili (...) compresi computer collegati alla rete, indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti». Quindi se una ditta ha anche un solo computer per tenere la contabilità, deve pagare il canone Rai. La mazzata complessiva, come denuncia Rete Imprese Italia (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Cna, Casartigiani), è di 980 milioni di euro sulle imprese, con richieste che variano dai 200 euro ai 6mila euro l’anno, a seconda della tipologia di impresa. Nessuna esclusa, perché l’invio è automatico. Così si è ritrovata la cartellina di pagamento Rai anche una ditta che fa autotrasporto, in provincia di Pistoia, e che difficilmente userà i pc per vedersi Celentano. Stessa cosa per un imprenditore di Vittorio Veneto, titolare di un’azienda di logistica, che avendo dei computer nell’ufficio dovrebbe pagare a Lorenza Lei e Paolo Garimberti 401 euro. «Facciamo già fatica a competere sul libero mercato, ci mancava pure questa spesa in più che, ci informa la Rai, è deducibile dal reddito di impresa... prendono pure per i fondelli! - ci scrive l’imprenditore - Non è che questa tassa serve alla Rai per coprire i buchi di bilancio e le cavolate tipo il mega contratto a Celentano?». E fino a qualche anno fa la richiesta di pagamento veniva spedita anche a rivenditori e riparatori di tv, che la tv ce l’hanno in negozio per evidenti motivi. Hanno dovuto attendere un contenzioso poi risolto nel 2003 per essere esentati dall’assurda gabella. Ma gli altri imprenditori che non smerciano tv no, loro la devono pagare.
Fabio Banti, presidente di Confartigianato Toscana, sta raccogliendo le firme per contestare formalmente alla Rai la legittimità del canone richiesto. «Abbiamo appena chiesto al ministro Passera di aiutare le piccole imprese che ogni giorno devono fronteggiare la crisi nerissima e riceviamo la richiesta del pagamento del canone Rai, una sorta di tassa sulle tecnologie. La misura è colma».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.