Una «maratona» rock per cantare con il Boss

SUCCESSI «Born to run», e «Glory days» le uniche certezze in tre ore di grande musica

Una «maratona» rock per cantare con il Boss

Il Signor Rock ha quasi sessant’anni. Non sa cosa siano gli effetti speciali, non ha bisogno di palchi iper-tecnologici e costumi di scena. Gli basta una chitarra da attaccare all’amplificatore e il gioco è fatto. Sale sul palco e per almeno tre ore canta, suda e trascina il pubblico in un viaggio nella sua gloriosa storia musicale. È americano del New Jersey, ha origini italiane e si chiama Bruce Springsteen.
Domenica sera lo stadio Olimpico sarà suo e della leggendaria «E Street Band», pieno di 80mila fan pronti a cantare i classici del suo repertorio e i nuovi brani tratti da Working on a dream, l’album più recente. Un concerto vero, sempre ricco di grandi canzoni, di brani che spuntano a sorpresa da scalette sempre diverse. Neanche lo springsteeniano più accanito può prevedere quali brani l’artista sceglierà di cantare. A parte qualche classico che raramente viene escluso dai concerti (Glory days, Born to run, Dancin’ in the dark), in quelle tre ore può accadere di tutto. Ascoltare canzoni mai eseguite prima dal vivo o cover sempre diverse. Nel corso del tour che arriva domenica a Roma sono spuntati brani degli ZZ Top, dei Clash, di John Lee Hooker, pezzi di storia del rock come Twist & shout, Oh pretty woman di Roy Orbison, la Wild thing portata al successo dai Troggs. Perché prima di tutto Springsteen e i suoi compagni di palco hanno ancora voglia di suonare e di divertirsi giocando col pubblico, accettando richieste che arrivano sul palco sotto forma di bigliettini e provando ad accontentarle improvvisando. Basta dare un’occhiata al sito ufficiale del cantante americano per curiosare tra le scalette dei concerti recenti e stupirsi della quantità di brani che si alternano. Non è un caso che i fan dell’autore di veri e propri inni, come Born in the Usa, abbiano messo in piedi siti in cui analizzano nel dettaglio tutto ciò che avviene in tournée: da quanto tempo non veniva suonata quella canzone, quali ospiti c’erano sul palco, chi è l’autore originale di quella cover e così via. Spuntano fuori anche classifiche più «estreme», come quella sul fan che ha visto più concerti in assoluto (il leader ha già superato i 220 live!). «Ho ancora una gran voglia di fare impazzire la gente sotto il palco- racconta lo stesso Springsteen -. Dal vivo voglio intrattenere il pubblico, regalargli gioia e divertimento, ma voglio anche che lo show rifletta i tempi che stiamo vivendo». Spettacoli di tre ore, dunque. Marchio di fabbrica di Springsteen e rara eccezione in un circuito live che tende a ridurre le durate dei concerti. Sempre più difficile che un’artista o una band restino sul palco più di due ore. Come i connazionali della Dave Matthews Band, che il 5 luglio hanno incantato i 9mila accorsi a Lucca con un concerto epocale, l’artista del New Jersey entra in scena per dare tutto, senza risparmiarsi mai.

E se da trent’anni la gente lo ama il motivo è anche questo: può capitare che un disco non sia particolarmente ispirato (Working on a dream non è certo la miglior prova del cantante) ma dal vivo sarà sempre e comunque il miglior Springsteen. E se è vero, come ha dichiarato recentemente, che considera il pubblico italiano «il migliore del mondo», all’Olimpico sfodererà una performance memorabile.

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