Margherita, bufera su De Mita: «Vuole far votare i falsi iscritti»

Il senatore Manzione accusa il coordinatore campano. Ciriaco convocato a Roma da Rutelli

Roberto Scafuri

da Roma

Una via Crucis, quella che conduce (se condurrà) al Partito democratico. Non bastassero le guerre sotterranee che avvelenano la Quercia; non fosse sufficiente l’angusto orizzonte prospettato, al di fuori della grande famiglia riformista del Pse, e l’irrisolta questione socialista; ecco riesplodere anche il verminaio delle false tessere che rischia di afflosciare per sempre la Margherita. Ciriaco De Mita, coordinatore della Campania, fa approvare una delibera regionale che aggira le norme varate in sede nazionale. Insorgono gli ulivisti, capeggiati dal salernitano senatore Roberto Manzione, che ricorre alla commissione di garanzia per ottenere il commissariamento della Campania. Proprio mentre, a Milano, il coordinatore cittadino Nando Dalla Chiesa denuncia in Procura i presunti autori delle false tessere lombarde, che avrebbero utilizzato gli elenchi delle primarie per Prodi.
Come si ricorderà, mugugni e sospetti all’interno del partito sulla gestione del tesseramento si concretizzarono in una serie di servizi di Striscia la notizia, nei quali ignari cittadini mostravano tessere di iscrizione alla Margherita arrivate loro a casa, senza che mai ne avessero fatto richiesta. Sugli iscritti fantasma, il partito di Rutelli arrivò a un passo dalla scissione della componente ulivista di Parisi. Una lotta di potere, perché chi può contare su più iscritti a livello locale, e dunque su un maggior numero di delegati congressuali, pensa di poter ottenere postazioni migliori anche nel futuro «Pd». Alla guerra intestina pose termine un regolamento faticosamente varato dalla Direzione nazionale.
L’altroieri, però, in una burrascosa riunione della Direzione campana, Roberto Manzione, uno dei primi firmatari della seconda mozione del congresso (quella parisiana), rileva che le regole regionali violano apertamente in più punti il dettato di quelle nazionali. In particolare, laddove è previsto che può votare soltanto chi è dotato di certificato elettorale, mentre l’ultimo comma (il quinto) della delibera regionale dice testualmente che «nel caso l’elettore non sia munito del certificato elettorale sarà comunque ammesso al voto...». La giustificazione sarebbe stata: «Tanto qui ci conosciamo tutti...». Manzione non ci sta: «De Mita continua a modificare a suo piacimento le regole precongressuali», s’inalbera. E chiede al coordinatore maggior rispetto delle norme e dell’«agibilità democratica del partito, visto che dovrebbe rappresentare tutti, quindi entrambe le mozioni». La risposta dell’ex segretario della Dc, racconta Manzione, è a muso duro: «Voi ulivisti fate solo pettegolezzi, io non ti rappresento, io non vi rappresento». I toni si surriscaldano, vola qualche straccio e qualche parola grossa. «È stato un errore farti eleggere, io non ti rappresento», taglia corto infine De Mita. A Manzione non rimane che presentare il ricorso urgente (sarà discusso domani dalla Commissione di garanzia), nel quale chiede il commissariamento della Campania e spiega i numerosi artifici tecnici messi in campo dai demitiani. «Tutto questo - commenta Manzione - è stato fatto dalla direzione regionale per tentare di manipolare gli elenchi e la platea congressuale, oltre che per concentrare a livello regionale una serie di poteri che il regolamento congressuale non gli assegna». Ma la «cosa ancor più grave - sostiene apertamente Manzione, rischiando la querela - è che De Mita vuol fare votare anche i falsi tesserati». Dall’ex segretario dc, per ora, non sono giunte repliche né smentite.

Sarà sentito domani in via del Nazareno, quando salirà sul banco degli imputati assieme al segretario lombardo, Battista Bonfanti. «Siamo un partito a struttura federativa, in periferia ognuno fa come vuole», si giustificano i demitiani. Tesi che rischia di far sprofondare sottoterra la già depressa Margherita.

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