Ci saranno lettori che si delizieranno percorrendo le pagine di questo libro dalla grazia insolita e dallo stile terso e felice: parlo di A colazione con Tennessee Williams di Freddy Longo (Baldini Castoldi Dalai editore, pagg. 188, euro 15). È un breve libro che ne contiene in sé altri due: il primo è la storia di un ragazzo italiano degli Anni Settanta, dunque uno che ha vissuto tutti i sogni e i traumi del Sessantotto, che sbarca in America e vi compie il suo grand tour tra New Orleans e New York, squallide stazioni e squallidissime stanze d'albergo, ambigui giardini e locali affollati. È un giovane ferito, ha alle spalle una storia familiare complessa, vive in un perenne disordine, in una perenne incertezza emotiva. Eppure è capace di cogliere il manifestarsi di una tenerezza poetica della vita, una tenerezza difficile, incomprensibile, ben emblematizzata all'inizio dall'immagine sconcertante del bianco solo che in piena notte suona la tromba seduto sul cesso alla stazione di New Orleans.
Nella capitale della Louisiana e del jazz a questo giovane toccherà un incontro straordinario: il grande commediografo Tennessee Williams lo abborda in un caffè, lo porta su un battello che naviga il Mississippi, tenta di sedurlo con mosse di grande, ambigua prudenza, ma soprattutto sviluppa con lui un rapporto di fraternità nel dolore, prima ancora di porsi come un mentore, un maestro. Il ritratto dellautore di Un tram che si chiama desiderio è semplicemente bellissimo: lo vediamo nei suoi abiti ricercati e logori, giacche azzurre di lino, foulard rossi, cappotti di cachemire, nel suo argomentare senza freni, tipico di uno che ha conosciuto successo e declino, piacere e sofferenza senza fine. La sua invettiva contro la beat generation e contro Dustin Hoffman è grandiosa. Questo primo libro prosegue a New York, dove giganteggia mondanamente Andy Warhol, e dove il protagonista scende nel buio di avventure senza sbocco, come quella con il giovane Allen che vuole essere sodomizzato da un fallo di ghiaccio.
Ma c'è un secondo libro: è il libro del cinema e del teatro e dei suoi divi. Perché Freddy Longo ha una maestria che ha dell'incredibile nel raccontare con una vena di innocenza crudele i più clamorosi retroscena del mondo dei grandi attori e delle grandi attrici di quellepoca: una maestria che lo avvicina al suo modello Truman Capote, il cui spirito percorre tutte le pagine del libro. E così leggiamo di Anna Magnani, della sua furibonda gelosia per la Loren che le ruba una parte, del suo inconcludente innamoramento per Marlon Brando, della sua altrettanto inconcludente offerta del seno nudo a Tennessee Williams.
Leggiamo di Marilyn, della sua infelicità e della sua aggressività con cui riscattare il passato, di Marlon Brando che una notte ai Louis Armstrong Gardens vince una gara di fellatio con Truman Capote e Christian Marquand, di Humphrey Bogart che si invaghisce di Gina Lollobrigida sul set tanto che Jennifer Jones, malignamente, mette in allarme Laureen Bacall. Ma dietro l'apparente frivolezza di queste pagine c'è un senso scoperto, disarmato della solitudine di ciascuno di noi nei «confini della propria pelle», e un continuo, sommesso brivido di poesia.
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