da Roma
Roberto Maroni pigia sull’acceleratore: insoddisfatto dei tempi lunghi per l’approvazione in Senato del disegno di legge che prevede la costruzione dei centri di identificazione e di espulsione dei clandestini - se ne ipotizza uno per regione - ha deciso di passare al decreto legge che gli permetterà l’avvio dei lavori.
«L’aggravarsi dell’emergenza - spiega - impone di accelerare la scelta». E così il ministro degli Interni si recherà domani a palazzo Chigi in Consiglio dei ministri con un testo che prevede «la costruzione immediata» di dieci centri e di altri due o tre per ospitare in strutture chiuse i clandestini che richiedono asilo (lo scorso anno l’hanno fatto in 14mila di cui 8.000 hanno trovato accoglienza) e che, fino ad oggi, sono liberi di muoversi in attesa che le loro pratiche siano esaminate e spesso finiscono per sparire di scena.
Ma non è tutto. Maroni infatti fa sapere di aver stoppato uno dei capitolati dell’accordo di pace Italia-Libia, firmato da Berlusconi e da Gheddafi alla fine dell’agosto scorso. Nella prima metà di settembre, ha infatti messo in rilievo il ministro a Bruno Vespa (che ne ha diramate le parole) gli sbarchi di clandestini dalla Libia non sono affatto diminuiti nonostante l’intesa di Bengasi. «Ho perciò deciso - rivela - di condizionare alcuni dei finanziamenti previsti nel trattato alla effettiva attuazione degli accordi. Per ora - continua il ministro degli Interni - ho bloccato a La Spezia una nave che avrebbe dovuto trasportare in Libia trenta piccole imbarcazioni ad uso della polizia libica». E ancora, da quel che ha fatto capire chiaramente il ministro degli Interni, non decollerà il pattugliamento misto italo-libico su motovedette messe a disposizione dalla nostra Marina Militare se da Tripoli non arriveranno segnali chiari della volontà di affrontare il problema. Né partirà il sistema satellitare di cui è previsto l’affidamento a Finmeccanica, finché non saranno partite le motovedette. Ergo: fino a quando la Libia non farà seguire agli impegni assunti, fatti concreti.
«Il nostro accordo - spiega infatti Maroni - prevede due misure per arginare l’immigrazione clandestina: il controllo delle frontiere meridionali della Libia per cercare di evitare l’arrivo di profughi da Eritrea, Somalia, Etiopia e Ciad e, ancora, l’invio di sei motovedette italiane con equipaggi misti che pattuglino le coste settentrionali della libia per rimandare indietro le barche sfuggite ai controlli. L’Unione Europa - rivela ancora il titolare del Viminale - avrebbe dovuto finanziare il primo progetto, ma non l’ha fatto. Lo finanzieremo allora noi, con 300 milioni di euro e con la tecnologia di Finmeccanica che provvederà all’installazione di una rete satellitare di controllo. Ma Finmeccanica non comincerà i suoi lavori se contestualmente non saranno partite le motovedette». Quando? Difficile dirlo, ma Maroni pare ottimista: «Conto che tutto possa avvenire dopo l’inizio di ottobre, dopo la conclusione del Ramadan». E annuncia: «Ci sarò anch’io per il viaggio inaugurale delle motovedette».
Già quest’oggi, invece, il ministro degli Interni potrebbe discutere con il collega La Russa dell’ipotesi di inviare i militari nel Casertano dopo la strage di Castelvolturno.
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