Mastella: sul caso Catanzaro non ho fatto il "partigiano"

Il ministro contrattacca al "question time" alla Camera: "Nessuna interferenza, ma il pm De Magistris ha compiuto gravi irregolarità"

Mastella: sul caso Catanzaro non ho fatto il "partigiano"
Roma - Nessuna «volontà di interferenza», nessuna «tempestività a orologeria», nessuna «partigianeria» e anzi: «Se non fossi esecutore di prerogative costituzionali sarei in galera». È un Clemente Mastella che trattiene a stento la furia ma avanza deciso e determinato, quello che al question time della Camera - ieri pomeriggio - risponde alle interrogazioni (quasi tutte dei suoi alleati) e affronta le polemiche sollevate dalla richiesta di trasferimento del pm catanzarese Luigi De Magistris. S’erge e tuona nella solenne dignità del guardasigilli, il leader di Ceppaloni, e davanti al Parlamento ma affinché intendano anche comici e mezzibusti, rivendica e rilancia, sfida le accuse, le critiche e le frecciatine, non arretra e ribadisce: quel magistrato ha compiuto «gravi irregolarità».

Tutt’altro che una difesa, è un j’accuse, anzi un contrattacco quello del ministro della Giustizia: rivolto ai politici, ai media e all’opinione pubblica più che alla procura di Catanzaro. «Nelle iniziative che ho assunto sulla vicenda dei magistrati di Catanzaro mi sembra ovvio rimarcare di non essere stato mosso da alcuna volontà di interferenza con l’autonomo potere giudiziario», ha esordito: e se ha attivato le «iniziative di carattere cautelare» che la legge affida al guardasigilli è perché mosso da «serie preoccupazioni sul corretto funzionamento» di quegli uffici giudiziari. Ha spiegato che il provvedimento disciplinare è frutto di «interventi durati mesi e non alcuni giorni», lui s’è trovato «nella stessa condizione di quei magistrati o giudici che acquisiscono atti che sono dovuti: poi sarà il Csm nella sua autonomia a decidere. Se non lo avessi fatto sarei venuto meno ad un dovere».

Non c’è «tempestività ad orologeria» nella richiesta di trasferimento, ha rivendicato Mastella spiegando che gli ispettori erano stati inviati a Catanzaro «prima dell’inchiesta Why not» che recentemente ha iscritto tra gli indagati anche Romano Prodi. Partigiano del premier? «Non essendo quella di Catanzaro una vicenda particolare, non ho nessun elemento per essere partigiano», s’è difeso. Avete dubbi? No, ha fatto il suo dovere senza travalicare, anzi rispondendo alla nuova normativa che porterebbe alla paralisi del sistema se il ministro «non esercitasse tempestivamente i poteri attribuitigli dalla legge».

La verità del guardasigilli poggia su «gravi irregolarità nella gestione di alcuni procedimenti penali», che imponevano la «necessità di provvedere tempestivamente». Tali «irregolarità», spiega Mastella, hanno avuto «effetti negativi sul procedimento Toghe lucane assegnato al magistrato». Altre «irregolarità» sono state rilevate dagli ispettori nell’inchiesta Poseidone, ove il magistrato «ha omesso di iscrivere nel registro degli indagati i nominativi di un generale della Guardia di finanza e di un parlamentare, nonostante il compimento di atti di indagini nei loro confronti e non ha informato gli altri magistrati coassegnatari in merito alle iniziative assunte».

De Magistris, insiste il ministro, «nonostante la revoca della co-delega ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Salerno sottraendone così la disponibilità ai magistrati coassegnatari». La mancata informazione preventiva verso il capo dell’ufficio, dulcis in fundo, evidenziava «una situazione di obiettiva e grave incompatibilità nei rapporti tra il procuratore e il sostituto».

Il contrattacco di Mastella s’era appena concluso, e son scesi in campo i rinforzi dell’Udeur. Con una nuova interrogazione, ovviamente al ministro Mastella, firmata da Mauro Fabris e Gino Capotosti in cui si chiede di sapere, hai visto tu, se «corrisponda al vero che il dottor Genchi, consulente tecnico d’ufficio del dottor De Magistris, pubblico ministero presso la Procura di Catanzaro, abbia percepito compensi particolarmente ingenti e significativi per il compimento delle proprie prestazioni». Non basta? Gli interroganti vogliono sapere dal loro leader anche «se corrisponda al vero che vi sia a carico del dottor Genchi un procedimento penale in corso presso la procura di Caltanissetta».
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