nostro inviato a Catanzaro
Non se le mandano a dire. Di qua il pubblico ministero Luigi De Magistris, di là il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Il primo ha intercettato il secondo mentre parla con l'indagato eccellente dell'inchiesta «Why Not». Il secondo ha risposto inviando a Catanzaro i suoi ispettori per far le pulci all'inchiesta sui finanziamenti europei e la massoneria deviata dove il nome del Guardasigilli compare sempre più spesso accanto a indagati noti (come Romano Prodi) e meno noti. Ieri Mastella è tornato all'attacco. Per l'ennesima volta ha tuonato contro la fuga di notizie, un po' come aveva fatto quando il Giornale pubblicò la sua conversazione con l'indagato eccellente Antonio Saladino, o quando il sito www.radiocarcere.it lanciò in rete la relazione del super esperto Gioacchino Genchi senza «omissare» l'utenza mobile del ministro («sono allibito, adesso dovrò cambiare numero di cellulare»).
Leggendo ancora il Giornale il leader dell'Udeur ha scoperto di esser finito nuovamente nel mirino del sostituto procuratore calabrese e del suo consulente che a forza di incrociare i dati e scandagliare tra le frequentazioni degli indagati nei momenti topici dell'inchiesta, ha scoperto che un imprenditore, molto legato a Saladino e alla Margherita si sarebbe aggiudicato alcuni lavori di ristrutturazione a Montecitorio negli anni in cui Mastella era vicepresidente della Camera. Una coincidenza meritevole di approfondimenti, secondo gli inquirenti. Non secondo il ministro, che alle agenzie di stampa ha affidato la sua risposta: «Non ho mai fatto affari in vita mia e quando ero vice presidente della Camera non avevo né deleghe, né competenze, né poteri in merito ma ero impegnato in attività istituzionali e politiche che tutto riguardavano fuorché immobili, lavori e appalti di cui non ho alcuna contezza nè per il ruolo assunto nè per interesse personale». Quanto alla coincidenza, questa sì meritevole di attenzione, dell'ennesima fuga di notizie ai suoi danni in ambienti giudiziari, Mastella dedica poche, sentite, parole: «È singolare che le anticipazioni dei giornali ora avvengono su atti di indagini declinati al futuro perché non ancora depositati, come sembra di capire dalla lettura del Giornale: si tratterebbe dell'ennesima violazione al quadrato del segreto di indagine che lascia sconcertati. A proposito delle conversazioni di cui puntualmente riferiscono i giornali e che solo dopo appaiono in consulenze tecniche depositate al Pm, benché la procura di Catanzaro le abbia definite penalmente irrilevanti, pur tuttavia continuano a essere utilizzate e menzionate in atti del procedimento».
Dal pm il j'accuse del ministro si sposta, senza mai citarlo, sul consulente tecnico Gioacchino Genchi, esperto informatico-telefonico utilizzato da numerosissime procure: «In ogni caso trovo moralmente indegno che un dipendente dello Stato lucri lauti compensi come titolare di impresa mentre si trova in aspettativa sindacale per il suo servizio d'ufficio, come risulta da una risposta a un'interrogazione parlamentare».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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