Diceva che la famiglia era «la più bella e entusiasmante opera d'arte della mia vita» e, nel suo studio, teneva la copia bonsai della sua creatura accanto al ritratto della moglie Elsa. Silvio Gazzaniga, milanese, classe 1921, scomparso sei anni fa a 95 anni, voleva che la Coppa del Mondo di calcio, il Sacro Graal del Pallone, uno degli oggetti più iconici del globo, fosse «una vera scultura che ha forme, armonia, rilievo, ma è anche un simbolo di gioia, di vittoria, di energia». Ci lavorò una settimana nel suo studio milanese di via Volta, arrivò davanti a 53 progetti provenienti da tutto il mondo, in finale batté un rivale francese, si emozionava sempre quando vedeva la maglia azzurra: «Amo il mio Paese e non solo quando scende in campo la Nazionale».
Il 27 gennaio 1972, mezzo secolo fa esatto, la Fifa ufficializzava la scelta, battezzando la Coppa realizzata dalla Gde Bertoni di Paderno Dugnano. Si commosse solo una volta, quando vide la coppa «nelle mani di Zoff nel 1982, poi mi sono abituato...». Non si è fermato lì. Ha disegnato anche la Coppa Uefa, la Supercoppa europea, la Coppa Europa Under 21, persino la Coppa che celebra i 150 anni dall'Unità d'Italia. Confessava con un sorriso di non aver mai vinto coppe e medaglie in vita sua e come calciatore di essere stato una mezza schiappa. Ma consigliava ai giovani: «Lavorare tanto, non smettere di stupirsi e amare quello che si fa». Dalla prima sollevata da Franz Beckenbauer, i tedeschi sono gli unici ad averla vinta tre volte, all'ultima alzata dal francese Hugo Lloris, la Coppa è stata l'urlo di Maradona, il sorriso felice di Zoff, Zidane che esce a testa bassa, passandole di fianco, la beffa di Matthaeus a casa nostra, e quella di Cannavaro a casa loro, la «mano de Dios» e il rigore di Baggio, Ronaldo che scende barcollando le scale dell'aereo e Casillas che bacia Sara Carbonero.
La Fifa però non si è vista, celebrazioni nel giorno del compleanno zero, anche se è l'anno del Mondiale e dei quarant'anni del Mundial '82. E anche l`Italia da mezzo secolo risparmia su riconoscimenti e pubbliche celebrazioni. «Colpa anche un po` di papà - spiega il figlio Giorgio Gazzaniga - Era un uomo schivo, viveva della sua fantasia e della sua arte e non era legato ai salotti culturali. È vero però che solo negli ultimi anni ha trovato un po' di luce». Premiato con l'Ambrogino d'oro e Commendatore della Repubblica, ma sempre lasciato sullo sfondo.
Tommaso Bonazzi, il nipote, ha un sogno: «Mio nonno ha lasciato centinaia di bozzetti: potremmo regalarli, per trarne ispirazione, a chi creerà la futura Coppa del Mondo. Sarebbe un modo magnifico di far vivere la sua arte».
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