Medici e giudici: altro che Italia delle veline

Dalla babbiona esperta di moda dell’Herald Tribune al bacchettone Gad Lerner, passando per il moralismo di Concita De Gregorio e Serena Dandini. Tutti d’accordo nel gridare scandalizzati: «L’Italia è un popolo di veline!». Ma sarà poi vero che le veline vivono e lottano insieme a noi (noi uomini, intendiamo)? Magari! La verità è che Velinopoli è una città virtuale che esiste solo nello Stato catodico della fiction, mentre nelle metropoli del Paese reale le alter ego della dottoressa Giò e dell’ispettore Barnaby battono - percentualmente - dieci a zero le aspiranti sexy imitatrici della coppia Canalis-Corvaglia. Del resto, basterebbe assistere a una lezione universitaria per capire che la maggioranza delle ragazze italiane ambisce a diventare una professionista in tailleur, piuttosto che una letteronza in minigonna.
Certo, ci sono anche i casting dei tanti (magari troppi) programmi velinari presi d’assalto da migliaia di ragazzine: ma questo, per le nostre giovani figlie, rappresenta solo un «danno collaterale» nell’eterna guerra di transizione tra adolescenza e maturità. Le cifre vere, infatti, non hanno nulla a che vedere con la sindrome da scosciamento tv: nell’ultimo decennio non c’è ambito lavorativo di medio-alto livello che non abbia registrato un «indice di femminilizzazione» inferiore al 30%. Ciò vale in tutti i settori più qualificati sia del settore pubblico, sia di quello privato.
Qualche esempio? I magistrati «in rosa» sono aumentati del 33% e oggi uno su due è donna; idem per insegnanti (+37%), ingegneri (+34%), architetti (+37%), manager (+26%), avvocati (+27%). Nel campo sanitario assistiamo addirittura a un exploit da record: oggi le donne medico sono il 35% del totale, ma considerando il dato disaggregato per età emerge che rappresentano il 54% della forza lavoro medica nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni e addirittura il 65% tra i 25 e i 34 anni.
Ma sono i dati che vengono dalle segreterie degli atenei a dimostrare come l’immagine dell’«Italia della veline» è attendibile quanto il riflesso di uno specchio deformato. Le donne costituiscono più della metà del totale degli immatricolati (il 56,6%): le prime tre classi di studio preferite sono giurisprudenza, scienza dell’economia e della gestione aziendale e medicina. «Lei» spadroneggia anche sul fronte imprenditoriale: l’identikit della «capitana» d’industria disegna una donna con meno di 40 anni, solidi studi all’estero e una grinta fuori dal comune. Anche la «scienza» le esalta, tanto che una ricerca condotta da un’équipe di studiosi finlandesi è giunta alla seguente conclusione: «Per fronteggiare l’attuale crisi economica sarebbe bene fare scendere in campo con più decisione le donne imprenditrici». Un valido motivo per seguire questa strada? «Le imprese al femminile hanno una redditività maggiore». E scusate se è poco...


Inoltre ricerche internazionali realizzate da esperti di economia cognitiva dimostrano che ai vertici delle aziende «le donne sono portatrici di un’etica della responsabilità che si contrappone all’etica della competitività tipica dell’imprenditore uomo».
Anche le veline, sul tavolo di Striscia la notizia, esultano soddisfatte,

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica