Paolo Marchi
nostro inviato a Sestriere
Preciso e controllato in pista, preciso e perbene nelle interviste, anche troppo nel giorno della grande delusione olimpica. Solo quando il ct Flavio Roda raggiunge Rocca nel parterre, il valtellinese ha, finalmente, una reazione viva e vera, come in fondo deve essere quando passa il treno delle medaglie e uno, tra l’altro il favorito, resta giù. Roda lo guarda, lo abbraccia forte e Giorgio se ne esce con un sincero «Ci ho provato... porca puttana e ho preso una culata», parole pronunciate d’istinto, genuine come in fondo deve essere in momenti come questi.
Il cronometro le stava dando ragione.
«Sì, ero partito con la gamba giusta e con la testa giusta. È un peccato perché avrei divertito tutti. Tutto stava rispondendo bene. Dopo gli errori a Kitzbühel e Schladming ero tornato quello che ero stato nelle gare precedenti».
È subito sceso il silenzio...
«Ho sentito un grande ohhhhh salire dal pubblico».
La rabbia maggiore è per...
«La rabbia nasce dal sapere che il mio quinto posto in combinata è rimasto il miglior piazzamento azzurro nello sci alpino».
In un anno, si è passati dalle quattro medaglie mondiali di Bormio, due sue, alle zero del Sestriere.
«Sì ma io sono Rocca e non l’Italia e questa uscita non cancella la mia grande stagione in coppa. Chi vuole un bilancio della spedizione italiana deve chiedere ai tecnici e al presidente».
Domanda classica: e ora?
«Ora un giorno a casa e martedì partenza per la Corea, per affrontare due giganti, e poi da lì in Giappone per due slalom. Sono leader nella coppa di speciale ma non l’ho ancora vinta e vorrei tornare dal Giappone con il trofeo già vinto».
Avrà di certo meno stampa al seguito.
«Pressione e attenzioni massime le hanno create i media e se dopo la combinata non mi fossi isolato, oggi (ieri per chi legge, ndr) non mi sarei presentato al via sereno e tranquillo. Non volevo sentirmi porre delle domande poco intelligenti che potevano innervosirmi. Anche adesso, sembrate tutti tristi: vedo più musi lunghi tra di voi che sul mio viso».
Be’, trent’anni e un’altra Olimpiade fallita alle spalle...
«Ho sciato bene, poi la gara è andata male perché nel mio sport quando cadi hai finito. Amen: non è morto nessuno».
Un sogno sì.
«Sono partito per vincere, non potevo certo scendere controllato per piazzarmi quarto o quinto, non avrebbe avuto senso. Sono caduto, mi sono rialzato, parlo, spiego, rispondo e tra qualche giorno tornerò in pista. Certo, è stata una grande occasione. Ma perché non mi fate domande brillanti?».
Forse perché non seguiamo il team austriaco...
«Però avete visto che affetto la gente? Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui. Mi dispiace molto per tutti loro, spero di tornare dall’Oriente con la coppa per loro».
Lei era ottimista, pronto e sereno, c’è stato qualche segno alla vigilia che l’aveva caricato?
«Il sorteggio: quando ho visto che partivo per primo, ho pensato che sarebbe stata una grande e bella giornata perché il numero 1 è sempre il migliore e quando ho sbagliato era proprio perché volevo approfittarne per mettere tra me e gli avversari qualche decimo in più perché quando scendi per primo, normalmente la pista ti permette di osare. Era tornato il sorriso al sorteggio e fino a quando sono rimasto in piedi ho fatto tutto bene, non stavo certo pasticciando o peggio ancora».
E lei tornerà ai Giochi? A Vancouver 2010?
«Ora penso alla coppa di slalom, poi alla prossima stagione con i Mondiali in Svezia. L’infortunio venerdì di Vidal (olimpionico nel 2002, ndr), dimostra che devi essere al top, che non puoi presentarti a questi livelli poco pronto, rischi solamente. Se tra quattro anni mi divertirò a sciare come mi diverto adesso, in Canada ci sarò.
Ha vinto Raich.
«Una vittoria strameritata».
Un ultimo sogno?
«Avrei voluto essere anche io al via della seconda manche».
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