Il 10 dicembre 1975, Eugenio Montale si reca a Stoccolma per ricevere il Premio Nobel per la letteratura dalle mani del Re di Svezia. I preparativi, il viaggio, la cerimonia e il ritorno sono raccontati da Domenico Porzio, giornalista e uomo di editoria libraria (a lui si deve la traduzione in italiano delle opere di Jorge-Luis Borges, ad esempio). Nel 1976, quasi clandestinamente, esce Con Montale a Stoccolma, tra i documenti più divertenti, ma in fondo anche rivelatori, sul grande poeta ligure. Montale è debole, affaticato, bisognoso di attenzioni continue. In compenso, il suo spirito sarcastico è più in forma che mai. Porzio annota. Con precisione. Il risultato è uno splendido ritratto al volo, ma profondo, di Montale. Oggi il piccolo ma aureo volume (pagg. 86, euro 14) di Porzio è ripubblicato da Luni editrice con una presentazione di Francesco Zambon.
Ecco una piccola guida alla lettura per argomenti, con le battute migliori o più raggelanti di Montale.
PASOLINI Si discute dell'omicidio dello scrittore corsaro. Montale: «Hanno scritto cose incredibili. Qualcuno lo ha paragonato a Gesù Cristo».
SABA Il bersaglio preferito di Montale, anche se la cattiveria sembra mitigata dall'affetto: «Quando era nostro ospite (a Firenze, nel 1944, ndr). la mattina, allorché si svegliava, prima si vestiva completamente con sciarpa e berretto, poi con due dita bagnate in un filo d'acqua del rubinetto, si toccava gli occhi, il naso e le labbra: era questa la sua pulizia quotidiana». Montale ricorda un incontro a Trieste con l'amico Umberto: «Andai a trovarlo, una volta, nella casa che abitava: due balconcini su una via di pescivendoli e di venditori ambulanti. Ci sedemmo sul balcone e Linuccia, sua moglie e sua vittima, andò a prepararci il caffè. Saba volle leggermi una poesia è iniziò a recitare la prima quartina, che ora non ricordo, ma alludeva a un cane bianco a passeggio su un greto. A questo punta arrivò Linuccia, premurosa, con i due caffè. Irritato perché era stato interrotto, Saba prese la tazzina, allungò il braccio oltre il davanzale e ne rovesciò il contenuto nella strada. Impassibile, proseguì nel recitare il poema che concludeva con un verso su una farfalla nera che volteggiava, infine commentando: caro Montale, tu non scriverai mai versi come questi». Ancora Saba. Ugo Ojetti, accademico d'Italia, assunse Saba come redattore della rivista Pegaso. Il poeta andò a far visita a Ojetti. Sua eccellenza pontificava di letteratura. L'unico commento di Saba fu il seguente: «Sa, signor Ojetti, che ha dei bei calzini, davvero belli». Licenziato.
BELLOW Il romanziere statunitense Saul Bellow mandò un telegramma di congratulazioni a Montale per il Nobel: «Questo Saulo è uno di quei romanzieri che scrivono soltanto libri grossissimi, di moltissime pagine: quei libri che da noi legge soltanto Paolo Milano, perché obbligato. È giovane e può aspettare. Comunque nel telegramma conclude facendomi capire che tanto lui il Nobel lo vincerà l'anno prossimo». Beh, in effetti andò proprio così: Saul Bellow vinse il Nobel per la letteratura nel 1976. Ma come faceva a saperlo? Mistero.
MUSICA La grande passione di Montale. Il poeta, un tempo aspirante baritono, non amava i critici musicali e riteneva che le nuove leve di allora fossero particolarmente sorde. Con una eccezione, Paolo Isotta: «Fu l'unico, tra il plauso generale, a dissentire, a ragione sulla regia di Ronconi per il Sigfrido, alla Scala». Non è l'unica stoccata a Luca Ronconi: «È il padreterno registico del momento, ma è capace di rovinare il Crepuscolo degli dei». Sarcasmo, in ogni occasione, per Claudio Abbado e Giorgio Strehler. Un esempio: «Non è improbabile, nel futuro, il Nobel per la pace al maestro Abbado e a Giorgio Strehler. Forse nella loro opera vi è un messaggio di pace che noi non abbiamo recepito». Tra i direttori d'orchestra, Montale coglie un astro nascente: «C'è a Firenze un giovane di grande valore, Riccardo Muti, il futuro anti-Abbado». Montale conobbe a Monterosso, Cinque terre, il mitico Arturo Toscanini: «Gli analfabeti abitanti di Monterosso lo credevano un prestigiatore e lo chiamavano l'omo dei giucchi, forse per quella fotosfera di capelli grigi che gli circondava il capo».
ITALO SVEVO Montale fu decisivo per la scoperta di alcuni grandi scrittori. Italo Svevo, ad esempio. Montale: «In realtà Svevo non lo scoprì nessuno: né io, né i francesi, né Bazlen. Era semplicemente giunto il momento di Svevo e noi non facemmo che assecondare quello che era già scritto nel suo destino».
IL NOBEL Dopo la cerimonia della consegna, Montale riflette e cede al gusto della battuta che oggi definiremmo politicamente scorretta: «Dopo tutto mi sono divertito. Vorrei tanto che anche Vittorio Sereni vincesse il Nobel. Ma chissà quando ci sarà un nuovo turno per l'Italia; e poi, forse, il prossimo lo daranno a un narratore. C'è anche il fatto che continuano a sorgere in Africa nuovi stati indipendenti che subito si affrettano a pubblicare schiere di poeti in dialetto tribale. Pare ce ne sia, laggiù, uno importantissimo che scrive in lingua boera, in Afrikaans».
GIORNALISMO Montale, che fu giornalista al Corriere della Sera, è sempre abile nel descrivere il mestiere. Così ricordava «Cipolla» un collega inviato della Stampa: «Raccontano che si chiudesse nella casa di Ciriè e li scriveva i servizi sfogliando le Guide di Hachette. A fine mese la moglie passava dall'amministrazione del giornale a ritirare i compensi, assicurando che il marito stava in terre lontane, in Alaska tra gli ultimi pellerossa».
AUTOBIOGRAFIA Gli organizzatori del Nobel rimasero stupiti davanti alla scheda biografica di Montale, scritta da Montale stesso. Era troppo scarna. Alla richiesta di rimpolpare il testo, Montale rispose negativamente con queste parole: «Non ho avuto una vita avventurosa.
Gli scrittori italiani della mia generazione risultano per solito quasi tutti martiri del fascismo. Si dà il caso che io non sia stato un martire, mi creda, e non ho avuto avventure. È giusto quindi che la biografia sia semplice, di tono discreto».
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