Un mese fa «Adotteremo rigore e trasparenza»

Eppure, all’università di Messina, ci avevano provato. A parare il colpo degli imminenti tagli di bilancio; a scrollarsi di dosso la nomea di ateneo degli scandali; a entrare all’ultimo minuto utile nel novero delle accademie virtuose. E per far arrivare al governo chiaro e forte un messaggio di discontinuità, avevano addirittura varato una sorta di «autoriforma», condensata nel «Manifesto dell’ateneo di Messina».
«È la prima volta - annunciava fiero il sei novembre scorso il consiglio di amministrazione dell’ateneo - che in Italia vengono adottate linee guida così vincolanti». In effetti, considerando il numero e il peso di scandali e accuse che quasi ogni giorno scuotono le facoltà, c’è da domandarsi se le stesse persone che hanno scritto le pagine della vergogna dell’ateneo possano davvero partorire un cambiamento.
Articolato in quattro linee guida, il manifesto che doveva sancire il nuovo corso dell’università di Messina prevedeva regole stringenti in ambito finanziario e trasparenza totale nelle procedure di assunzione e promozione. Proprio la prima della quattro linee guida recitava: «Affermare la democrazia del merito»; e il primo passo in questa direzione la pubblicazione «dell’elenco, sul sito delle facoltà, dei curricula di tutti i docenti con identificazione separata di docenti tra loro parenti», nonché un «sistema rigoroso di valutazione» per l’assunzione di ricercatori e dottorandi. Ottimo.

Qualora entrerà davvero in vigore, il manifesto eviterà il riproporsi di episodi come quello descritto in questa pagina, o come il caso, del marzo scorso, che ha visto protagonista Federica Migliardo. La giovane fisica, vincitrice a trentatré anni della borsa internazionale l’Oréal-Unesco del programma «Donne e Scienza», trovò chiuse le porte della facoltà di Fisica, che le preferì un altro candidato.

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