Sarebbe stato un colpo di stato mondiale. Chiedo scusa per la provocazione paradossale ma immaginate che cosa avrebbe provocato ieri sera il sequestro degli ospiti riuniti a Zurigo dal colonello Sepp Blatter: c’erano tutti, quasi tutti i miliardari del football, non i padroni del vapore di cui nessuno si interessa se non le banche ma proprio gli attori, i protagonisti, i calciatori, i campioni e i fenomeni, quelli di oggi e di ieri, la storia del calcio messa assieme per la consegna del Pallone d’oro 2011, idea di mezzo secolo fa e oltre, avuta dai francesi ma rubata dalla Fifa il cui capo ieri sera a Zurigo era più rotondo della luna piena.
Vedere Pelè che non ha età perché ha la stessa faccia di quando metteva dentro uno dei suoi mille gol, scoprire Gullit vestito da presentatore e senza i suoi «rasta» in testa, ascoltare Platini (eguagliato ieri proprio da Leo con tre «Palloni» consecutivi) che più passa il tempo e più assomiglia a Depardieu, sfogliare l’album delle figurine in diretta, presenti in carne e ossa come se fosse passata l’arcivernice, Messi e Ferguson, con i contributi filmati di Cantona e Tony Blair, Beckham e Redknapp, e poi in platea Xavi e Guardiola, Wayne Rooney, Lothar Matthaus, Zidane, Butragueño, il fotogramma un po’ malinconico di Ronaldo (quello vero), gonfio di trofei e anche di chili, e tutti gli altri personaggi e interpreti del calcio mondiale, questo è stato il vero regalo della Befana e di Babbo Natale messi assieme.
Ho detto che erano presenti «quasi» tutti. Quelli del Real Madrid, infatti, per tenere fede all’Ego del loro condottiero, sono rimasti in Spagna, stasera devono giocare con il Malaga, roba grossa e alibi eccellente, hanno trovato la scusa di saltare il galà, la trasferta è lunga, delicata, anche se la verità è un’altra e non relativa al calendario spagnolo e ai chilometri che dividono Madrid da Malaga (532, in aereo 1 ora, da Zurigo con volo privato 2 ore): sapevano di non avere vinto, sapevano che Cristiano Ronaldo avrebbe dovuto applaudire Lionel Messi e così Casillas e così Sergio Ramos che hanno spedito un videomessaggio come fanno i capi di stato o di governo e anche alcuni protagonisti del terrorismo internazionale. Non sembravano affranti e addolorati nelle immagini registrate, nel gruppetto non figurava Josè Mourinho che, come i suddetti delle «merengues» era stato informato che il suo rivale di Barcellona, el Pep, Guardiola insomma, era stato nominato miglior allenatore dell’universo e si può capire che per il bell’uomo di Setubal trasformarsi da special one in special two non era possibile davanti alle telecamere riunite e in diretta euromondiale.
Serata di grandi cose in un momento non felicissimo per il calcio, afflitto da scandali, l’ultimo ieri addirittura in Israele anche questo legato alle scommesse, e da una crisi finanziaria che qualcuno cerca di mascherare con operazioni di mercato fantasmagoriche. Per esempio a Zurigo non si sono viste le bianche tuniche degli emiri che hanno messo le mani sul pallone in ogni dove, in tal senso l’Uefa sta lavorando, indagando, per demolire il trucco e fermare una tendenza che intossica il calcio, drogandolo, rendendolo un miraggio che illude i tifosi per poi tradirli e deluderli.
Post scriptum: la festa di Zurigo è stata seguita da Sky. Tralascio lo studio allestito in Italia e le gag relative ma è stata l’occasione per comprendere perché il calcio nostrano sia in crisi e non soltanto in campo.
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