Poco prima che s'abbassi il sipario, Leonora è stata uccisa da Carlo a sua volta assassinato da Alvaro. E così i cantanti Netrebko, Tézier e Jagde - in ordine di applausometro - vengono alla ribalta a prendersi lo scroscio d'applausi: insanguinati e con un sorriso liberatorio dopo quattro ore di denso spettacolo. Applausi lunghi dodici minuti (qualche dissenso per Netrebko e Jagde) per questo tridente su cui poggia La forza del destino, l'opera che ieri ha aperto la stagione della Scala, l'ultima Prima del sovrintendente Dominique Meyer, della sua direzione artistica e pure marketing. Molto chiaro il suo commento alla contestazione finale ai danni della Netrebko: «Netrebko è stata buuata perché russa. E mi spiace quando uno spettacolo viene preso in ostaggio, come Netrebko ce n'è solo una per generazione». E lei, Netrebko come ha reagito? «L'ho appena incontrata, è persona molto forte e non si lascia deprimere per queste cose».
Dal 2025 il timone passa a Fortunato Ortombina, ieri assente, mentre c'era l'ex numero uno Alexander Pereira. Tra i festeggiati, colui che più di tutti volle questo titolo, il direttore d'orchestra Chailly quindi Leo Muscato alla regia. Il tenore Jagde: «Sono emozionato ma non avevo paura. Ho avvertito energia fin dall'inizio, incredibile e mai percepita fino ad ora».
Tra platea e palchi c'è l'Italia della finanza, imprenditoria, sport, cinema, teatro di prosa e d'opera. Ci sono pochi rappresentanti delle istituzioni, molti dei quali a Parigi. Il tempio della borghesia milanese, nel suo giorno più significativo, si apre all'Italia dell'acciaio (i fratelli Marcegaglia) e della diagnostica (Bracco), della cucina firmata (Barbieri e Oldani) e delle bollicine (Moretti), dei media (Confalonieri) e dello sport (Tamberi). C'è la finanza che conta (Bazoli, Micheli, Patuelli).
È l'Italia che produce per scongiurare la tempesta di maledizioni che si scaraventa sulla Forza del destino, nel piccolo-mondo-antico dell'opera temuta poiché porterebbe sfortuna. Diana Bracco, è di viola vestita, «direi che non sono superstiziosa», ironizza la mecenate con pochi pari, e frequentatrice assidua dell'opera, colpita «dal filo melodico struggente che percorre tutta l'opera. Bravi i cantanti ma Netrebko è semplicemente memorabile». Che si dice della ruota introdotta da Muscato per tradurre la circolarità del destino? Secondo l'architetto Botta, «funziona. Però tutto è molto didascalico, stile fumetto».
Un mago del movimento come Roberto Bolle racconta di aver «assistito a qualche prova. E vedere cosa accade dietro le quinte di un allestimento così è semplicemente intrigante. È uno spettacolo dinamico, con un movimento armonico, funzionale, un flusso che non si arresta e riesce a far accadere tante cose». Il soprano Netrebko mette d'accordo tutti, e in particolare nell'inno, che lei temeva tanto, La vergine degli angeli. «Chailly aveva ragione nell'indicarlo tra i momenti più alti. Mi ha...», Bazoli tronca la frase poi conclude: «Mi ha commosso». Dello stesso avviso Confalonieri, «è la punta assoluta di un'opera che, diciamolo, ha alti e bassi. Ma quando va su è immensa. Netrebko poi è una meraviglia». «Lei è pazzesca. Ha dei piani incredibili», aggiunge Minghetti, la manager culturale che tanto ha fatto per comunicare l'accessibilità dell'opera.
A questa Prima assistono le glorie del canto di ieri e di oggi. C'è il tenore Francesco Meli, protagonista di sei prime scaligere, e fresco di un successo in Otello, a Venezia, dove ha debuttato un ruolo che il solito piccolo-mondo-antico dell'opera ritiene intoccabile. C'era Domingo, passato nei camerini dei colleghi per il bocca in lupo. E così pure hanno assistito Carreras e Kabaivanska che debuttò in Leonora a New York al fianco di Bergonzi: «Che cantanti c'erano un tempo». E oggi? «Anche. Però... non mi emozionano». Click, e per i tre tenori scatta pure una foto. Quanto al tema della sfortuna, Tamberi liquida la questione con «non la puoi combattere. Nella mia carriera ho imparato che si controlla solo il controllabile», lo dice dopo un atletico ingresso in sala.
I due fratelli Marcegaglia, Emma e Antonio, «doveristi» sempre e comunque come piacque a papà Stenio, sono preparatissimi, si sono studiati il libretto e letto le anticipazioni sulla regia, «il tema del destino che prende il controllo è attualissimo, ma penso che questa forza vada orientata anziché subita», il commento di Antonio Marcegaglia. E si chiude con una luce.
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