«Direttore, ho un problema». Presentarsi nella stanza di Montanelli, in fondo al corridoio, sul far della sera, l'orario canonico dedicato ai suoi memorabili fondi di prima pagina, era un'autentica impresa. Bisognava innanzitutto superare lo sbarramento di Iside, la sua segretaria, poi zigzagare tra gli ospiti in visita all'ufficio del grande Vecchio, infine misurarsi con l'occhiata indagatrice di Biazzi Vergani.
«Direttore, ho un problema» dissi sottovoce, entrando nella stanza di Montanelli. Montanelli sollevò gli occhi dal carrello dell'Olivetti, poggiò le mani sullo scrittoio, mi fece cenno di accomodarmi e mi lasciò parlare per 5 minuti. Non gli raccontai della sua amata Fiorentina, ma solo di un tormento personale, di quel mio carissimo amico alle prese con l'eroina. Per aiutarlo, disperato, scelsi di rivolgermi proprio a lui e di utilizzare i suoi buoni uffici con Vincenzo Muccioli per ottenere un incontro col patron di San Patrignano.
Montanelli mi lasciò parlare e alla fine: «Gliene parlerò, spero di far breccia in quella roccia».
Due giorni dopo, al mio telefono, riconobbi la voce grattugiata di Muccioli. «Mandami quel giovanotto a San Patrignano». Quel giovanotto adesso è diventato un uomo maturo, è uscito dall'inferno.
Franco Ordine
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