Migliaia in coda per il francobollo che non c’è

In programma anche una mostra per dimostrare l’italianità dell’area

Migliaia in coda per il francobollo che non c’è

Una festa senza il festeggiato, con l'amaro in bocca e la rabbia degli esuli istriani, giuliani e dalmati che per il 10 e 11 novembre a Chiavari hanno organizzato una manifestazione dedicata a Fiume in funzione di quel francobollo su «Fiume - terra orientale già italiana» che il governo Prodi ha bloccato alla vigilia dell'emissione. I 3 milioni e 500.000 esemplari del francobollo con l'effige del Palazzo del Governatore di Fiume, attuale sede del Museo Marittimo e storico del litorale croato, restano sigillati in Posta perchè l'ambasciata croata ha da ridire su quel «già italiana» in evidenza. Non va bene, non bisogna scriverlo. Colpo di spugna su Storia e affini, sul D'Annunzio del «Fiume libero comune italico che dichiara liberamente la sua dedizione piena e intiera alla madre Patria». Fitti scambi diplomatici con la Farnesiana e velo omertoso, alla faccia dei 54.000 esuli italiani che lasciarono Fiume alla fine della seconda guerra mondiale. Nel Tigullio l'eco monta e non a caso, con l'evento commemorativo alle porte: «Per la manifestazione, che doveva ruotare attorno al francobollo, abbiamo scelto proprio Chiavari - spiega Claudio Eva, presidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, comitato provinciale di Genova - perché qui la Colonia Fara ha accolto centinaia di profughi, molti dei quali sono rimasti». Era il Campo 72, uno dei tanti destinati ad accogliere i 350.000 giuliani e dalmati in fuga dalle loro terre. Dopo il 10 febbraio '47. Dopo il diktat che vide l'Italia cedere alla Jugoslavia di Tito i suoi territori nord-orientali. Un luogo-simbolo per contestualizzare un'emissione fortemente voluta dagli esuli e già nota dallo scorso febbraio. È così che Eva contatta il Circolo Culturale Filatelico Numismatico Chiavarese per allestire una mostra con collezioni di cartofilia, filatelia e numismatica «dal 1920 in avanti, a documentare l'italianità dell'area». Mostra che sarà comunque inaugurata sabato 10 novembre, ore 9, nella Civica Galleria di Palazzo Rocca in Via Costaguta. Di seguito, dalle 10, l'appuntamento è all'Auditorium San Francesco, per gli interventi dello stesso Eva, di Guido Brazzoduro e di Fulvio Mohoratz, rispettivamente sindaco e assessore alla cultura del Libero Comune di Fiume in Esilio, del sen. Lucio Toth, presidente nazionale A.N.V.G.D. e di Dario Peretti, presidente del Circolo Chiavarese. «Si parlerà della mostra, ma credo che il discorso sarà soprattutto politico - sottolinea Eva - La nostra posizione è critica nei confronti di un governo che “cala le brache” ed è pronto ad abbandonare qualunque rivendicazione in un momento in cui la Croazia deve entrare in Europa e ha bisogno del supporto italiano. Così ci impediscono di ricordare la nostra storia di esuli. Emblematico».
Una decisione che non regge «dopo la presa di posizione del Presidente Ciampi che ha voluto il giorno del Ricordo per esuli e infoibati, riconosciuto anche dal Presidente Napolitano con tanto di medaglia ai parenti delle vittime. Adesso l'Italia non reagisce ad una presa di posizione pretestuosa, dimostrando che il governo non è in grado di sedere al tavolo europee della trattativa. È già successo con la Slovenia: l'Italia non ha trattato, non ha chiesto nulla e ha tirato i remi in barca».
Sul tavolo i pacchi di cartoline che riproducono il Palazzo del Governo di Fiume e l'allora Colonia Fara. Sergio Bellagamba, il numismatico del Circolo Chiavarese, ha ricostruito la storia fiumana sulle monete, mentre Dario Peretti ha messo insieme le cartoline dell'epoca di Fiume e Galli ne ha curato l'aspetto filatelico. Bellagamba ricompone la storia di quell'attesa, l'annullo elaborato dal Circolo con l'aquila dello stemma di Fiume accettato dalle Poste, la corsa all'ufficio per ritirare i 2500 francobolli attesi, il niet e l'ennesimo colpo basso agli esuli.

«È una vergogna - si sfoga Peretti, nato a Fiume ed esule bambino con la famiglia - E arriva da chi evidentemente non conosce la nostra storia. I croati mugugnano? Ma per cosa? Venendo via da lì abbiamo lasciato tutto. La guerra non l'hanno persa Fiume e l'Istria, ma l'Italia, e noi siamo quelli che hanno pagato di più».

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