Milanesiana, se i tagli sono di sinistra è tutto ok 

Un funzionario di Pisapia ricorda la scadenza del contratto con il festival. Tutti zitti. Se l'avesse detto la Moratti, l'intellighenzia sarebbe già in piazza. E il sindaco diserta anche la serata d'appertura. Un po' come Bondi alla Scala

Milanesiana, se i tagli sono di sinistra è tutto ok 

Giuliano Pisapia è un uomo fortunato. Si è costruito un abito su misura per tenere a bada gli scribi e i parrucconi, i farisei e gli illustri intellettuali della Milano che pensa. Non avrà mai, lui, lamentele dalla bella società. È per questo che può permettersi il lusso di snobbare una manifestazione come la «Milanesiana», quelle giornate di libri, palcoscenici e scrittori che Elisabetta Sgarbi difende a colpi di occhiataccie e calci negli stinchi. Il sindaco di tutti i «milanesi con il marchio dop» può non farsi vedere alla presentazione, lasciare a casa anche il «ministro della cultura» meneghina Stefano Boeri, e affidare i saluti a un dirigente che in maniera molto simpatica ricorda che il contratto tra il Comune e la «Milanesiana» sta per scadere. Una sorta di «ricordati che devi morire» gridato in faccia alla Sgarbi. Ma è proprio questa la fortuna di essere un sindaco vendoliano. Certi schiaffi alla cultura passano sotto silenzio.

Immaginate che al posto di Pisapia ci fosse ancora la Moratti. Come in un contropassato prossimo, un semplice e banale racconto ucronico, cosa sarebbe successo? Letizia snobba una manifestazione culturale, manda un suo uomo a minacciare chiusure, facendo capire che lì a breve avrebbero staccato il gas, stracciando crediti e contratti. Finimondo. Un carnevale apocalittico. A Piazza Duomo sarebbero apparsi da ogni angolo attori disoccupati, giocolieri, Dario Fo e Franca Rame, il gemello serio di Umberto Eco, l’orchestra della Scala in alta uniforme, un paio di cantautori scritturati in fretta e furia, le associazioni di bookcrossing, scritti esoterici di qualche premio Nobel, Elio e le Storie tese, la Dandini e Sabrina Guzzanti vestita da Barbablù, una lettera ufficiale del Quirinale, Vendola avrebbe raccontato una parabola sul triste destino dei fratelli scrittori e sulla solidarietà da dare a tutti i migranti siano essi analfabeti o amanuensi, articoli dotti sulle pagine culturali di Repubblica contro la dittatura dei tamarri.

La Moratti senza scuse. Non avrebbe neppure potuto dire che era impegnata alla presentazione di Gasperini, nuovo allenatore dell’Inter, la cognata Milly l’avrebbe subito smentita: Gasp è un uomo di cultura e avrebbe capito. Parole e parole a stigmatizzare la scarsa sensibilità della petroliera nei confronti della letteratura. E giù luoghi comuni: la destra è barbara, quando sente parlare di cultura mette mano alla pistola, bavaglio, ottusità, vergogna, conformismo, consumismo, mercificazione capitalistica, non sanno che i libri sono il pane dell’anima.

I sindacati avrebbero subito chiamato uno sciopero generale contro chi non ha a cuore l’educazione dei lavoratori e il malcostume dei tagli orizzontali.

Santoro avrebbe trovato spunto per una diretta fiume in streaming su tutto il web, ritrasmessa in differita di cinque secondi sui canali Sky, La Sette e l’isola felice di Rai Tre, con il solito e programmato intervento a sorpresa di Celentano che avrebbe di nuovo spiegato la morale evangelica evidente nel sacro testo del Ragazzo della via Gluck, mentre un’improvvisata di Benigni cantava e rimebrava che anche a Dante una volta gli chiusero un festival e lui si vendicò scagliando i responsabili nel girone degli incolti.
Tutto questo Pisapia non lo vedrà. È un ragazzo fortunato. Ascolta Jovanotti.

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