Milano - Il dl anti-stupri approvato ad aprile non lascia dubbio. Il governo Berlusconi ha voluto dare un segnale chiaro per fermare i crimini a sfondo sessuale: inasprimento delle pene, custodia cautelare in carcere obbligatoria se in presenza di gravi indizi di colpevolezza, arresto obbligatorio in flagranza di reato e giro di vite sui benefici penitenziari per chi è già stato condannato. Eppure, ogniqualvolta si assiste all’ennesima, brutale violenza, la politica torna a interrogarsi sull’efficacia di un’eventuale introduzione della "castrazione chimica" nel codice penale. A questo continuo dibattito il carcere di Bollate (in provincia di Milano) sta cercando di dare una risposta avviando all’interno dell’istituto un progetto sperimentale che punta a reintrodurre chi ha commesso reati sessuali all’interno del sistema carcerario.
Il sistema Bollate In carcere puntano il dito contro di loro e li chiamano "gli infami". Per il dipartimento penitenziario, invece, sono i "sex offenders". Il carcere di Bollate ha voluto lavorare su di loro. Il programma si chiama "Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali in unità di trattamento intensificato e sezione attenuata": è attivo già da quattro anni e "vanta" solo tre fallimenti, tre casi recidivi accertati. "I detenuti che fanno domanda – spiega la direttrice del carcere, Lucia Castellano – seguono una terapia appositamente studiata per chi ha commesso reati sessuali. Pensare al carcere come a un luogo in cui si prende la chiave e la si butta via è profondamente sbagliato". Da qui l’idea di creare un’équipe, diretta dal criminologo Paolo Giulini. "Non bisogna farsi prendere dall’onda emotiva – continua la direttrice Castellano – il modo migliore per evitare che questi gravissimi fatti si ripetano è accompagnare il detenuto ad ammettere il proprio reato per poi lavorare sulla reintegrazione all’interno dell’istituto". Il cammino dura un anno.
La terapia farmacologia "Nell’unità di Bollate abbiamo una minima parte di detenuti che si sta sottoponendo anche alla terapia farmacologia – spiegava giorni fa il criminologo Giulini al Corriere della Sera – non si tratta di antiandrogeni, ma di altri farmaci: neurolettici, stabilizzatori dell’umore, ansiolitici e antidepressivi, per controllare l’impulsività e trattare i sintomi correlati". La direttrice Castellano, tuttavia, frena e ricorda che si tratta di "un progetto particolare a cui si sottopongono solo detenuti che lo desiderano". "Questi – continua la direttrice del carcere – seguono la terapia di gruppo e, in caso di bisogno, anche terapie farmacologiche che, però, non sono inibitorie". Il caso non sarebbe certo il primo in Europa. In Gran Bretagna, infatti, una commissione guidata dal neuropsichiatria Don Grubin sta lavorando a un progetto finanziato dal ministero della Sanità che, per un anno, sperimenterà la cura con antiandrogeni sui detenuti. In mattinata la senatrice Colli ha visitato il carcere di Bollate proprio per parlare con l’équipe medica che sta portando avanti il progetto: "Preferisco parlare più di dissuasione sessuale piuttosto che di castrazione". Secondo la senatrice del Pdl, infatti, "sono troppi i casi di condannati per abusi che continuano a commettere reati brutali. Per mettere fine a tale pericolo esistono solo due soluzioni: ergastolo o dissuasione. La scelta dovrebbe toccare proprio al pedofilo". E spiega: "Le moderne tecniche consentono di inibire l’impulso sessuale per 12 mesi attraverso una puntura. Non c’è nulla di definitivo o irreversibile". Da qui l’intenzione della Colli di prendersi un periodo per documentarsi prima di presentare un progetto di legge.
Il contrasto alle violenze sessuali "L’Italia è tra le nazioni più avanzate in materia di contrasto alla violenza sessuale. Ora le donne italiane possono stare più tranquille, è iniziata la stagione della tolleranza zero nei confronti di chi si macchia di reati contro di loro". Nei due mesi successivi all’approvazione del decreto il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, è soddisfatta dei risultati prodotti dalla legge e spiega che tante donne donne vittime di violenze "Hanno potuto usufruire del patrocinio gratuito e hanno avuto garantita la certezza della pena per i loro aguzzini che non saranno più 'premiati' con sconti della pena o arresti domiciliari". Il dl sicurezza limita, infatti, "l’applicazione dei benefici penitenziari previsti dalla legge Guzzini ai condannati per delitti di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e violenza sessuale di gruppo". Tuttavia, nel carcere di Bollate l’équipe diretta da Giulini ha a che fare soprattutto con reati commessi all’interno del nucleo familiare: padri o patrigni sulle figlie, spesso con la connivenza delle madri.
Quindi, anche solo reintegrarli all’interno dell’istituto diventa difficile. "Quando quattro anni fa abbiamo iniziato il progetto – spiega la direttrice Castellano – gli altri detenuti reagirono molto male". Alcuni chiesero addirittura il trasferimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.