"Milano è la città dei grandi brand ma non scommette più sui talenti"

L'imprenditrice Borioli: "Qui è pieno di creativi, ma i giovani non vengono valorizzati perché le griffe credono solo nelle griffe. Negli anni Ottanta se avevi un'idea la realizzavi"

"Milano è la città dei grandi brand ma non scommette più sui talenti"
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«Milano è molto cambiata: non è come negli anni Ottanta dove comandava la fantasia, se avevi una buona idea, inventavi qualcosa che non c'era ruscivi anche a portarla avanti - racconta Gisella Borioli, giornalista, imprenditrice visionaria, presidente di Associazione MuseoCity e Ambrogino d'Oro nel 2014 -. Oggi Milano è sì piena di creativi, ma purtroppo le aziende e i finanziatori non scommettono. I giovani talenti, i creativi emergenti non vengono valorizzati perchè le griffe credono solo alle griffe. Oggi a Milano domina il brand». Servizi, soglia di reddito, infrastrutture, vitalità del tessuto produttivo, i principali fattori che portano Milano a essere prima nella classifica della vivibilità delle città elaborata da ItaliaOggi con Ital Communications, in collaborazione con l'Università Sapienza. Manca però la capacità di sguardo, secondo la visione di Borioli, che ripercorre la storia della creatività della città, dagli anni Sessanta a oggi, intrecciandola con la sua vita nell'autobiografia Gisella, volevo essere felice.

Borioli, infatti, fu la prima a portare la moda fuori dai circuiti tradizionali, a inventare Superstudio13, hub di creativi del fashion system, poi il Super StudioPiù che innescò la trasformazione di Zona Tortona da zona operaia della periferia a quartier generale del Fuori Salone. Nel 2020 un'altra operazione di rigenerazione urbana con la trasformazione di un capannone abbandonato alla Barona nel Superstudio Maxi, spazio espositivo.

Non solo, ci sono l'amicizia con Elio Fiorucci, con Oliviero Toscani che collabora con le riviste di moda fondate da Borioli e dal marito Flavio Lucchini, il lancio di Giorgio Armani, la collaborazione con Carla Sozzani. E ancora la candidatura nella lista Civica di Letizia Moratti, la mediazione con gli steet artist dopo il caso Leoncavallo sollevato dall'allora assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, il contributo al comitato strategico di Moratti.

Ma riavvolgiamo il nastro, come nasce questo libro? «È il racconto della mia vita, a partire da quella dei miei genitori, un ufficiale dell'areonautica sotto il Fascismo e una donna ebrea, per le mie nipotine - racconta Borioli -: quando Luna avava 3 anni un giorno a casa mia comincia a sfogliare un album fotografico e a farsi raccontare le mie avventure. Così sono sbocciati nella mia mente una serie di ricordi che ho iniziato ad appuntare. Il libro sarà il mio regalo per i suoi 18 anni». Qual è la ricetta per essere felice sul lavoro? «La mia sta nel fatto di avere costruito tutto da sola, o meglio con mio marito Flavio: io arrivavo da una famiglia modesta, eravamo entrambi senza soldi, abbiamo lavorato tantissimo: ci siamo guadagnati tutt i nostri successi con amore, passione e sacrifico» spiega.

Nata e cresciuta a Milano, passa un'infanzia un po' burrascosa, studia al liceo scientifico Vittorio Veneto, poi alla scuola civica Cova di corso Vercelli. Diventa tuttofare alla rivista Ottagono degli architetti Sergio Mazza e Giulia Gramigna. Anti conformista e con un talento innato per la moda, va alla scoperta dei negozi più anti convenzionali della Milano anni Sessanta: Gulp in via Santo Spirito, Cose in via della Spiga. É nel mondo della moda che costruirà la sua carriera giornalistica con Vogue Uomo, Lei e Donna.

Ma com'era Milano in quegli anni? «Dopo gli anni di piombo dove si aveva paura ad andare in giro per la città, gli anni Ottanta portano luce e colore, tutto si illumina e sembra possibile - racconta -. Comandano fantasia, creatività». Nel 1983 nasce il Superstudio 13 in via Forcella, l'hub dei creativi della moda. Nel 2000 arriva il Superstudio Più: «Qui l'intuizione fu di comprare e riqualificare i capannoni della General Electrics che divennero il Superstudio Più.

La mia intuizione fu di cogliere l'importanza crescente del design, insieme alla moda, e di creare un vero e proprio quartiere - ricorda - che piano piano con la collaborazione di amici che avevano comprato studi e atelier negli spazi attorno, divenne Zona Tortona. Negli anni Duemila la prima esposizone di design esterna al Salone del Mobile. Nacquero così Zona Tortona e il Fuori Salone».

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