«Adesso con la quarantena lavoro anche in farmacia»

L'editore e organizzatore della Milanesiana: «Mi divido tra l'impegno culturale e il bancone dei miei genitori»

«Adesso con la quarantena lavoro anche in farmacia»

Mamma Rina e papà Giuseppe, detto Nino, erano farmacisti. Un matrimonio lungo 65 anni di cui vedremo il film, diretto da Pupi Avati: Massimo Boldi è Nino, Stefania Sandrelli interpreta Rina. Il famoso Vittorio, critico d'arte, campione di polemiche, non ci sarà: troppo ingombrante. Elisabetta Sgarbi, invece, è interpretata da Chiara Caselli.

Elisabetta è un editore, con La Nave di Teseo e altri marchi; una regista, un'animatrice culturale che a Milano organizza ogni anno la Milanesiana.

Sta vivendo in città la quarantena che riguarda tutti?

«No. Da due settimane sono a Ro Ferrarese, a casa dei miei. Sono titolare della nostra storica farmacia. Non posso, per legge, stare lontana tanto tempo. Il primo pensiero della mattina va a mia madre. Poi inizio a lavorare».

Qual è la sua colonna sonora per questi giorni difficili?

«Un recente disco degli Extraliscio, Merendine blu. Riempie il silenzio di questi giorni. Non che qui a Ro ci sia mai stato gran rumore, ma ora il silenzio è più fondo. Nella canzone si immaginano merendine blu che trasformano chi le mangia in supereroi. Perfetto per i tempi».

Che cosa pensa dei flashmob sui balconi?

«Non posso farli. A Ro, se mi affaccio, c'è poco. Però è bene tutto ciò che ribadisce il senso della battaglia che stiamo facendo».

Una radio molto ascoltata ha immaginato la lettera del Coronavirus all'umanità. Sembra scritta da Greta Thunberg. Dice che il virus è necessario per farci diventare amici del pianeta maltrattato. Cosa pensa di ragionamenti simili?

«Scienza e tecnica ci salveranno dal Coronavirus prima di quanto abbiano salvato i nostri antenati da epidemie analoghe. Io a questo astratto rispetto del pianeta non ho mai creduto. Se salveremo il pianeta da tassi di inquinamento pericolosi non è perché torniamo nelle caverne, ma per modi di consumo più intelligenti e tecnicamente raffinati».

Social network, televisione, Rete, telefonate. Fanno parte della sua giornata #iorestoincasa?

«Telefono, mail, conference call: lo facevo prima, lo faccio adesso. Mi preoccupo di responsabilizzare le persone che lavorano con me. Inventiamo campagne e iniziative sui social. A una velocità, sembra paradossale, raddoppiata. L'iniziativa #IoRestoALeggere, che ha coinvolto oltre 50 autori della casa editrice, è partita in un'ora».

La prossima Milanesiana sarà spostata?

«Non dipende da me. Bisogna capire quali saranno le risorse e quando si potrà di nuovo riempire un teatro. Al momento è confermata, vedremo».

Le regaliamo la bacchetta magica: può riportare in vita due persone di cultura e passare l'ora del tè con loro. Chi chiama?

«Mia madre e mio padre. Senza discussioni».

Esce a fare la spesa o gliela portano?

«Faccio la spesa ogni due giorni e cucino. Ho appena preparato cappelletti in brodo e torta di farina gialla con le uvette, una bontà».

Le sue letture della quarantena?

«Letture di lavoro. Sono sulle bozze dell'autobiografia di Woody Allen, A proposito di niente. E leggo Viaggio intorno alla mia camera di Xavier De Maistre. Libro opportuno: insegna quanta profondità c'è in noi, non basta una vita per scoprirla».

La situazione attuale fa riscoprire il silenzio e la prudenza, il non sprecarsi nel «gioco balordo degli incontri», direbbe il poeta Kavafis. Finita l'emergenza dimenticheremo tutto?

«Spero di no. Non potremo dimenticare i medici e gli infermieri, le persone che hanno perso i propri cari senza poter dare loro adeguata sepoltura. Vorrei che ci ricordassimo di questi giorni alla ripresa: non dovremo perdere tempo a scovare fascisti e cattivi, a regalare soldi a destra e sinistra, a sperperarli. Sapremo cosa sono le priorità».

I suoi riti apotropaici?

«La saliera, non deve passare di mano in mano. Chi la prende deve poggiarla sul tavolo. Me lo ha trasmesso mio padre: accompagnava il gesto con il racconto di quanto, in passato, il sale fosse prezioso».

Per lei ha importanza il sacro? C'è chi, pur non credendo, riscopre il potere della preghiera.

«Cerco di usare Dio il meno possibile. Credo alla forza della concentrazione e dei pensieri. Sacre sono cose e persone che riteniamo lo siano, che tentiamo di preservare dal male».

La prima cosa che farà a emergenza finita?

«Torno

a Milano, a casa. Saluto Mario Andreose e Anna Maria Lorusso, parto per girare la scena di un film con gli Extraliscio, vado al cimitero a salutare i miei genitori. E nel frattempo inizieranno a uscire di nuovo i libri».

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