Il centrodestra vince nelle due cittadine simbolo della resistenza al Covid. Con due sindaci uscenti, due esponenti della Lega. Certo, non era un voto politico, non era un voto regionale - eppure una fiducia così consistente fa pensare che abbia avuto poca presa la narrazione catastrofista e politicizzata della sinistra, che ha inteso addebitare al «sistema lombardo» i comprensibili sbandamenti iniziali delle prime drammatiche settimane di epidemia.
Ad Alzano Lombardo, Camillo Bertocchi ha ottenuto il 63,2%. A Codogno, Francesco Passerini ha conquistato il «bis» con un sorprendente 72,6%. E sono fra i risultati più rilevanti di questa tornata di elezioni comunali, le prime dall'epidemia, le prime in cui misurare il possibile impatto della vicenda Covid sulle scelte degli elettori. Un impatto che a giudicare dall'esito del voto, non c'è stato o è andato nella direzione opposta a quella attesa dal Pd che per tutto il 2020 ha martellato contro il governo regionale - e contro il centrodestra - tentando di costruire il racconto di un fallimento «di sistema lombardo». Con risultati scarsi.
I segnali sono vari. Un altro leghista, Matteo Bianchi, ha acciuffato il ballottaggio a Varese, città del governatore Attilio Fontana - e la sinistra a Varese ha puntato molto sui presunti errori della Regione. Un segnale si nota anche a Milano, dove una discreta messe di preferenze ha fatto eleggere Alessandro De Chirico, «pupillo» dell'ex assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera, quello che si è trovato a combattere contro l'esplosione della pandemia.
Certo, per ora sono segnali. E i sindaci sono sindaci, giustamente gelosi del loro profilo istituzionale più che politico. Certo, è possibile che Codogno e Alzano abbiano avuto la fortuna di averne due particolarmente capaci ed efficaci nell'affrontare l'epidemia. Confermato trionfalmente a Codogno (fra l'altro città dell'assessore regionale allo Sviluppo economico Guido Guidesi) Passerini ha pochi dubbi: «Sicuramente quella vicenda ha influito - dice - anche solo per il fatto che l'emergenza ha coperto 2 anni su 5 di mandato. Poi, in che misura abbia influito e come possa influire in futuro, io non lo so». «Siamo stati dei punti di riferimento - spiega Bertocchi, di Alzano - I sindaci erano lì, presenti, quando non si sapeva nulla, quando tutti erano spaesati». Ad Alzano il Comune ha recuperato qualcosa come 100mila mascherine, e ha istituito il Centro operativo comunale. «Il Comune ha lavorato soprattutto sul terreno sociale - aggiunge Bertocchi - aiutando chi aveva difficoltà, ma in quel momento abbiamo dato delle risposte operative e delle informazioni. Abbiamo creato una rete con i medici di base e con gli infermieri, recuperato dispositivi di protezione e bombole di ossigeno».
Quei sindaci hanno preso decisioni difficili. Passerini ricorda come sia stato lui, prima ancora del ministro e del governo, a ordinare la chiusura totale di scuole e attività ad Codogno, quando si temeva anche lo stigma che poteva derivare da un'epidemia che non si pensava potesse colpire proprio lì, e quando non si sapeva ancora che avrebbe colpito ovunque. «Sì, poteva essere molto impopolare - ammette - anzi lo era in quel momento». Passerini ha passato la notte fra telefono e Comune, ha riunito la giunta alle 7 del mattino e in un solo week-end, il Comune di Codogno ha trovato 10mila introvabili mascherine.
Quel lavoro è stato riconosciuto e premiato dai cittadini. Difficile dire ora se anche il lavoro della Regione sarà altrettanto apprezzato. «Si è trattato di una cosa incredibile - riflette Passerini - un evento enorme, di proporzioni gigantesche anche rispetto al resto d'Italia. La Regione come tempistiche c'è sempre stata e ora c'è stato un recupero forte, la campagna vaccinale è andata bene e gli indici sanitari sono tornati al livello internazionale che sappiamo».
Prima del 2023, la sinistra dovrà decidere se cambiare registro o se puntare
ancora sull'attacco frontale alla sanità lombarda. Nessuno può sapere se la fiducia nella Regione sia inalterata, ma a giudicare dai segnali arrivati nelle urne, alla narrazione del «disastro lombardo», hanno creduto in pochi.
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