Avital, jazz mediorientale per brindare al Manzoni

Il compositore israeliano con il suo quintetto fonde improvvisazione e multiculturalismo

Luca Testoni

Non è la prima volta che Omer Avital, contrabbassista israeliano di origini yemenite e marocchine, si esibisce sul palcoscenico del Teatro Manzoni nell'ambito della rassegna «Aperitivo in Concerto».

Cinque anni fa fece capolino a Milano con l'ensemble etno-jazz Third World Love, forse il più significativo gruppo musicale sulla scena jazz di Israele, in compagnia di colleghi del calibro del pianista Yonatan Avishai, del batterista Daniel Freedman e del trombettista Avishai Cohen.

Domani (inizio show come d'abitudine alle 11), sempre al Manzoni e sempre per «Aperitivo in Concerto», il 45enne musicista si esibirà alla testa del suo nuovo quintetto, animato da alcuni giovani solisti che rappresentano il meglio dell'improvvisazione jazzistica a Gerusalemme e dintorni come i sassofonisti Asaf Yuria e Alexander Levi, l'ottimo pianista Eden Ladin e il batterista Ofri Nehemya. Strumentista straordinario, ma anche compositore e «band leader», Avital è stato accostato dal critico Ben Ratcliff del New York Times a giganti del contrabbasso quali Charles Mingus e William Parker. Di più, la bibbia del jazz «Downbeat» l'ha definito «uno dei migliori musicisti jazz del nuovo millennio».

Improvvisatore doc, da tempo uno dei beniamini della scena newyorkese, dove è uno dei «sideman» più richiesti (l'etichetta Impulse! di coltraniana memoria, ne ha pubblicato nel 1997 lalbum «Jazz underground: Live at Small Club», a documentarne gli esordi nel West Village, ndr), proporrà un singolare percorso attraverso il jazz contemporaneo - interpretato in modo personale e con grande vigore e drammaticità -, e le antiche melodice del vicino Oriente.

Già, anche perché con Avital il jazz trova un punto d'incontro con la penisola arabica e il Nord Africa, le cui sonorità sono oggetto da tempo di studio (tra la sua

specialità, il curioso utilizzo delle corde per ottenere l'effetto dell'oud, il liuto africano, ndr). Così, la musica torna ad essere lo strumento ideale di confronto e ri-unificazione fra popoli, culture e tradizioni diverse.

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