Alla scuola primaria Giovanni XXIII di Dresano, nel milanese, un bambino è stato messo in punizione perché aveva portato da casa un panino. Il piccolo, frequentante la terza, è stato obbligato a rimanere chiuso da solo in uno stanzino dove ha consumato il suo pasto, sotto lo sguardo della dirigente scolastica, Elisabetta Libralato. Una volta tornato a casa ha raccontato tutto alla mamma. Il fatto è stato raccontato da ilGiorno. La donna, che è un’esponente della politica locale, non ha certo perso tempo a divulgare quanto avvenuto al figlio e a querelare la scuola.
Come ha raccontato “Lo scorso maggio la mia famiglia ha deciso di usufruire del diritto all’autorefezione nei locali e nell’orario scolastico. Dopo un primo momento di adattamento, non ci sono stati problemi e il caso pareva essersi risolto. All’inizio di questo nuovo anno scolastico, invece, la dirigente scolastica mi ha comunicato la decisione dell’istituto di revocare tale libertà di scelta, interpretando una recente sentenza della Cassazione. Una decisione che non potevo condividere, dato che la legge parla comunque chiaro. Il primo giorno di scuola a tempo pieno mio figlio è stato portato in uno stanzino dove ha dovuto mangiare da solo, sotto la stretta osservazione della direttrice che, alle richieste di spiegazioni del ragazzo, riferiva testualmente: “Perché tua mamma non rispetta le regole e fa cose illegali”, facendogli poi pulire il banchetto su cui aveva mangiato”.
Il giorno seguente la madre del bambino si è recata al refettorio per un controllo, in quanto membro della Commissione Mensa. Quando ha chiesto dove fosse il figlio, che non era con gli altri bambini, non le è stata data una risposta proprio perché in quel momento il suo ruolo non era quello di genitore. La donna ha detto che suo figlio adesso non va volentieri a scuola e che preferisce mangiare una volta tornato a casa.
Il legale della famiglia, Giorgio Vecchione, ha spiegato che “Per effetto di una automatica e illegittima applicazione di una sentenza delle sezioni unite della Cassazione del luglio scorso, l’istituto scolastico ha escluso il bambino dal refettorio costringendolo a uscire dalla scuola dopo averlo vessato e umiliato. A mio avviso, la Cassazione ha confuso l’essenza del tempo mensa con il servizio mensa, che invece è a pagamento e a domanda individuale. Nel caso specifico, si potrebbe anche configurare l’ipotesi delittuosa della interruzione di pubblico servizio”.
L’avvocato è certo che verrà notificato un ricorso al Tar della Lombardia. La dirigente scolastica per il momento non ha voluto commentare quanto accaduto. Si è limitata a rivolgersi ai suoi legali per inoltrare anch’essa una denuncia.Segui già la pagina di Milano de ilGiornale.it?
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