«Ho preso il bonus da 600 euro ma non sono una furbetta». La capogruppo di Milano Progressista Anita Pirovano, come anticipato ieri dal Giornale, si è autodenunciata e ha rivendicato la richiesta del sussidio destinato alle partite Iva danneggiate dall'emergenza Covid. La polemica è scoppiata sui 5 deputati che avrebbero richiesto il bonus Inps, ma si è parlato di 2mila tra consiglieri comunali e regionali, sindaci e qualche governatore. Da Palazzo Marino si è levato uno scudo bipartisan, nessuno accusa l'esponente del gruppo di sinistra che sostiene il sindaco Beppe Sala. «Non vivo di politica perché non voglio e non potrei - ha spiegato Pirovano -. Ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e - addirittura - ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. Ho studiato fino al dottorato e all'esame di Stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale e ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro mi consente di essere più libera nell'impegno politico presente e ancor più nelle scelte sul futuro. Mi indigno, perché è surreale, se un parlamentare in carica fruisce di ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito». Ma a chi la critica domanda: «Non avrei dovuto chiedere una misura di sostegno destinata ai lavoratori perché faccio anche politica? Pur lavorando tanto ed essendo consigliera ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più». Su Facebook si schiera dalla sua parte David Gentili, consigliere di Milano Progressista appena rientrato nel Pd, che la difende dalle molte critiche della gente: «Io ho un altro lavoro part time e ringrazio Dio di averlo. Durante il Covid ho ricevuto la cassa integrazione. Dovevo rinunciarvi? Avere un altro lavoro è fondamentale, perché se sei malato o devi essere al lavoro il gettone da consigliere non lo prendi. E non siamo consiglieri a vita». E le esprime solidarietà anche il consigliere di Forza Italia Alessandro De Chirico, anche se immagina che proprio «il giustizialista Gentili, se fossi stato io al posto della Pirovano, avrebbe convocato subito una commissione urgente». Ma difende la categoria dei consiglieri comunali che al massimo arriva a guadagnare circa 1.700 euro, ben sotto gli stipendi di deputati o consiglieri regionali. «In una città come Milano - spiega De Chirico - siamo impegnati 365 giorni, weeekend compreso, sempre rintracciabili al cellulari. Ricevo telefonate dalle 7 del mattino alle 24, una volta mi hanno chiamato all'una di notte mentre era in corso un'occupazione abusiva e sono corso sul posto fino alle 3. Il compenso che percepiamo sulla base dei gettoni di presenza (massimo di 19 mensili, anche se spesso mi è capitato di arrivare a 28-30 presenze) è nettamente sproporzionato rispetto all'impegno». Avere un secondo lavoro oggi «diventa necessario ma non è sempre così facile conciliare. Nella vicenda bonus vanno fatti dei distinguo, il parlamentare guadagna 12mila euro al mese, un consigliere di Comune sotto i 20mila abitanti forse ha un rimborso di mille all'anno».
Anche il capogruppo Pd Filippo Barberis protesta perchè «nel calderone qualunquista tutti i politici sono messi sullo stesso piano ed è inaccettabile Negli enti locali lavora il 98% dei politici eletti nel Paese, che devono assumersi responsabilità e impegni importanti anche in termini di tempo con emolumenti che variano dai 18 a 36 euro a seduta, senza contributi, malattia, maternità, ferie retribuite». La richiesta dei deputati «è folle e ingiusta, rafforza le più feroci istanze dell'antipolitica, ma è fondamentale distinguere»
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