Brega Massone si scusa con chi ha sofferto Il Pg chiede l'ergastolo

Il chirurgo: «Non avevo nessuna volontà di far del male». L'accusa conferma le richieste

Maria Teresa Santaguida

Ha chiesto «scusa», rendendo dichiarazioni spontanee: ha ammesso che «molte persone hanno sofferto» ma che non era «assolutamente la sua volontà». Ma queste scuse non sono nulla per l'accusa, che invece continua a considerare Pier Paolo Brega Massone, capo dell'équipe chirurgo-toracica della clinica Santa Rita di Milano, ribattezzata la «clinica degli orrori», colpevole e meritevole della pena massima, l'ergastolo, per aver ucciso 4 pazienti. Il pg di Milano, Massimo Gaballo nel processo d'appello bis davanti alla Corte d'Assise d'appello, ieri, non ha avuto mezzi termini: la sua richiesta è di confermare l'ergastolo per lui, e di riconoscere invece la riduzione della pena da 25 a 21 anni per il suo ex «braccio destro» Fabio Presicci (accusato di due omicidi) considerando le attenuanti per il suo buon comportamento in carcere.

È la volontarietà nell'aver causato quelle morti, avvenute dopo interventi chirurgici «senza finalità terapeutica» secondo l'accusa, il terreno su cui la vicenda giudiziaria si è mossa nelle ultime puntate. La Cassazione nel giugno del 2017 aveva annullato con rinvio la prima sentenza d'appello invitando le toghe di secondo grado a valutare meglio se fosse possibile trovare, per così dire la «prova del contrario»: a cercare cioè elementi che scongiurassero ogni dubbio rispetto all'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, stabilita nei due gradi precedenti. La sottigliezza giuridica tra un assassinio «preterintenzionale» (come vorrebbe la difesa) e uno con «dolo eventuale» è dunque quella che tiene questa sentenza ancora in sospeso. Ma non è una questione di forma, perché potrebbe trasformarsi in anni di carcere: i giudici dovranno stabilire da quale lato far pendere il piatto della bilancia, perché se l'accusato poteva prevedere le conseguenze delle sue condotte e ne ha accettato il rischio, merita una pena maggiore. Se però la volontarietà venisse provata, saremmo allora di fronte all'unico caso per un medico trovatosi nella condizione di imputato. Un complesso di valutazioni che, secondo gli inquilini del Palazzaccio, non sarebbe presente o almeno non era chiaro, nella sentenza del 21 dicembre del 2015.

Questa volta però il pg Gaballo è andato all'attacco perfino degli ermellini: la Suprema Corte, secondo lui, «ha debordato i limiti del suo sindacato», ovvero non si è comportata come organo giurisdizionale di legittimità, ma di merito.

Giuseppina Vailati, 82 anni, Maria Luisa Scocchetti, 65 anni, Gustavo Dalto, 89 anni, e Antonio Schiavo, 85 anni non avrebbero mai dovuto entrare in sala operatoria. E se sono morti è perché il bisturi di Brega Massone, appena usato, avrebbe fruttato molto denaro con i rimborsi del sistema sanitario alla clinica convenzionata. A dimostrarlo ci sarebbero intercettazioni tra i due medici nelle quali, secondo il pg si «dimostra il loro totale disinteresse per le sorti dei pazienti». La sentenza ora è attesa per il 19 ottobre.

«Brega ha subito un trattamento così severo - ha detto l'avvocato difensore Nicola Madia - perché prima che in aula è stato giudicato dai media». A muoverlo però non sarebbe stata la sete di denaro, ma, a detta del legale «l'ambizione di un chirurgo che si sente arbitro della vita e della morte e crede in maniera fideistica nell'approccio della chirurgia».

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