Da cinema a multisala: i primi 40 anni di Anteo nella città del futuro

È nato nel 1979 alla fine del terrorismo oggi proietta film a Milano e in Lombardia

Da cinema a multisala: i primi 40 anni di Anteo nella città del futuro

Stefano Giani

Era una città diversa quella del '79. Il terrorismo dilaniava i cuori. La paura s'impadroniva di tutti e il cinema rifletteva quei vuoti che si nascondevano nell'animo. In quel maggio, un anno dopo la tragedia di Moro, a Milano apriva un cinema in una zona lontanissima da trendy e moda. Fulcro di locali e vita notturna. Grattacieli e isole pedonali. Stazione Garibaldi, terra di nessuno. O quasi. Dove sopravviveva un vecchio luna park e le macchine tagliavano strade e quartieri come coltelli nel tessuto metropolitano. E c'era ancora la nebbia. Si chiamava Anteo, progetto di un gruppo di ragazzi con la voglia di farcela.

L'anima corsara era Lionello Cerri, uno che ce l'ha fatta. Quarant'anni dopo scommessa vinta. Quello che assomigliava a un covo di cinefili oggi è un multisala. Ha «sfrattato» perfino i ghisa che guai a chiamarli così, ora non sono più nemmeno vigili ma polizia locale. Anche questo è un segno dei tempi. Ci voleva una chiusura, quella del mitico Apollo, alle spalle del Duomo, per fare spazio alla Grande Mela della Apple, per ingrandire l'Anteo che di sale ne aveva solo due. Morte e rigenerazione. Come nel più perfetto stile della Fenice, l'uccello che rinasceva dalle ceneri e aveva dato il nome a milioni di locali di proiezione un po' ovunque in Italia.

Anteo era diventato grande. Si è chiamato «Spaziocinema» e ha associato nel circuito anche l'Ariosto con un passato d'essai quando le insegne erano divise in prime, seconde e altre visioni. Oltre a quelli di nicchia. Essai, appunto. Gli anni Dieci del terzo millennio avevano aggiunto anche CityLife, sul terreno che, in quei lontani anni Settanta tra piombo e contestazione, ospitavano ancora la Fiera campionaria.

Oggi Anteo non è più soltanto un cinema. Il «corsaro» Cerri, per gli amici Lio, gli ha regalato una veste nuova come casa di produzione. La Lumière nasce nel '94 ma ha tenuto a battesimo Silvio Soldini e Maurizio Nichetti, un milanese che in quel lontano '79 aveva gettato in pasto al pubblico Ratataplan, storia semiseria di un neolaureato in ingegneria bocciato al colloquio di lavoro perché, a differenza degli altri aspiranti al posto, l'albero che aveva disegnato era rigoglioso. L'ottimista... Era un mago dell'automazione quando l'informatica era ancora archeologia e l'Olivetti M24 era il futuro. Avveniristica utopia dello stupore. Anche lui, il Colombo del film, compie quarant'anni. Come quel cinema di una Milano che non c'è più, entra nel quinto decennio e guarda a un presente fatto di cellulari. Ora che il biglietto si compra online. O con la app del telefonino. Wallet.

E la cassiera al mitico botteghino sembra un personaggio d'altri tempi. Impolverata suggestione di se stessa. Non stacca più il biglietto da un blocchetto rosa, lo sputa una macchina elettronica. O arriva direttamente sullo smartphone. Parole ostrogote per la nostalgia del 1979.

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