Giustificare i cocchi di casa non «paga»

E' la deriva di un atteggiamento culturale che porta sempre più spesso a tollerare, comprendere e giustificare tutto

É colpa del maestro che non capisce e che non «dialoga». E' colpa del «prof» che lo ha preso in antipatia. E' colpa dell'allenatore che lo mette in panchina perchè non si rende conto che è un campione e non perchè non s'allena. É colpa dei suoi amici che lo trascinano, altrimenti lui certe cose non le farebbe mai...

É sempre colpa di qualcun altro quando si tratta mettere un figlio di fronte alle proprie responsabilità. Troviamo sempre il modo di costruirgli un alibi. Non tutti è ovvio, ma in molti. E viene naturale perchè i figli son «pezzi di cuore» e quindi si fa fatica ad accettare che non siano quelli che ci siamo immaginati e che vorremmo. Però, senza fare psicologia spicciola, il rischio è enorme. E anche la cronaca è ricca di casi in cui i genitori chiamati in questura per atti di vandalismo dei propri figli se la sono presa con gli agenti; di casi in cui a sentir mamma e papà veri e propri atti di bullismo son solo semplici ragazzate «..e i carabinieri dovrebbero pensare ai balordi veri».

E' la deriva di un atteggiamento culturale che porta sempre più spesso a tollerare, comprendere e giustificare tutto.

Quasi che una sgridata, un castigo o la condanna di un atteggiamento sbagliato siano la cifra di genitori violenti e antiquati. E allora mi torna in mente ciò che mi diceva mia nonna: «A volte serve più un ceffone che una carezza...»

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