Così Milano diventerà la città delle 6 moschee Il caso dei finanziamenti

Fa già discutere il bando sui luoghi di culto Firme in via Padova. Ma la giunta ci prova

Così Milano diventerà la città delle 6 moschee Il caso dei finanziamenti

Sei moschee. In pochi anni, Milano potrebbe diventare la città delle sei moschee. Anzi, sei moschee e «mezza», se si considera la nuova sistemazione «provvisoria» che il Comune intende trovare - in via Novara - alla preghiera del venerdì dell'istituto di viale Jenner. L'ultima soluzione «provvisoria» è durata oltre un decennio, e anche per questo nel Municipio 7 sono contrari: non solo il centrodestra e il capogruppo di FI Antonio Salinari, ma anche il Pd lo è, tanto da approvare una mozione decisamente contraria a tale ipotesi.


Ma questa non è che l'ultima questione, in ordine di tempo. Ce ne sono diverse altre, scaturite dal famoso Piano delle attrezzature religiose approvato negli anni scorsi dal Comune, e poi dal bando che due giorni è stato presentato in Commissione a Palazzo Marino e che a febbraio dovrebbe essere pubblicato. Due le aree comunali messe a bando, in via Esterle e in via Marignano (nei pressi di San Donato) con un'offerta al rialzo che partirà, rispettivamente, da 480.162 euro per la prima (ex bagni) e da 394.972 euro per l'altra. La questione dei soldi è il primo nodo. Nell'aggiudicazione delle aree, l'offerta economica peserà solo 10 punti, mentre quella tecnica peserà 90. La vicesindaco Anna Scavuzzo ha mostrato di non aver sottovalutato il tema, spiegando che Palazzo Marino ha cercato «un equilibrio», fra due esigenze: da un lato non avvantaggiare troppo chi ha finanziamenti importanti (e condizionanti), magari all'estero; dall'altro non «svendere il patrimonio pubblico».

Detto questo, la base d'asta è considerata comunque un problema. Per qualcuno, posta la concessione trentennale, la cifra è troppo bassa, per altri l'entità della somma esclude dalla gara le realtà meno potenti, magari quelle dell'islam africano o sufi (le più affidabili fra l'altro). Alla prima lettura aderisce Fabrizio De Pasquale: «È un atto di favoritismo bello e buono - dice - Il conteggio è semplice, 480mila per 30 anni o 360 mesi dà una rendita di 1.333 euro mese». Dividendo per i 1.500 metri quadri, l'ex capogruppo di Fi conclude che «praticamente è una miseria».

Altri, negli ambienti dell'islam «non organizzato», fanno notare come tre rate da oltre 100mila euro precludano la partecipazione a chi non abbia le spalle particolarmente «coperte». Un «tracciamento» vero, e stringente, lo chiedono anche l'assessore regionale Pietro Foroni, il capogruppo regionale di Fi Gianluca Comazzi e anche il capogruppo di Fi Alessandro De Chirico, pur favorevole al bando, nel suo intervento in commissione ha sottolineato che «ci deve essere la tracciabilità dei fondi» (oltre ad altre condizioni, dai sermoni in italiano al registro degli imam).

Il bando in via Esterle pone problemi ulteriori, visto che si colloca in un'area, quella di via Padova, e in una Zona (la 2) che vede già una presenza molto densa di centri religiosi e realtà urbane problematiche, fra le quali via Cavalcanti, dove peraltro si è continuato a pregare anche in questi mesi. Alcuni cittadini hanno avviato una nuova raccolta di firme, che De Pasquale sostiene con la sua «Futuro Milano». «Troppe tre moschee in un solo quartiere» dice De Pasquale, considerando anche la Casa della cultura islamica.

Oltre a Marignano ed Esterle, gli altri quattro luoghi di culto già esistenti, e destinati a essere regolarizzati, sono via Maderna, via Quaranta, Cascina Gobba e via Gonin.

Salvo l'ultimo, gli altri tre possono essere considerati discussi dal punto di vista «ideologico», se si considera che il primo è gestito da Milli Gorus, sigla turca conosciuta per essere un mix di islam politico e nazionalismo, via Quaranta è nata come «succursale di viale

Jenner» e anche Cascina Gobba è stata piuttosto criticata in questi anni, per varie ragioni. Come da 11 anni a questa parte, la questione si presenta di difficile soluzione per gli inquilini di Palazzo Marino.

Alberto Giannoni

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