Ecco perché i clandestini entrano nelle case popolarila storia

«E dire che a vederla sembra una bella casa. Il giardino, gli alberi... Ma dentro è allucinante. Siamo nelle mani degli abusivi. E poche mattine fa sono tornati alla carica per sfondare un'altra porta e impadronirsi di un altro appartamento. Io ho fatto il mio dovere, e ho chiamato la polizia e l'Aler. Bene, non si è fatta vedere nè l'una nè l'altra. Così quelli hanno continuato per ore a fare i loro comodi, cercando di scassinare la porta, fin quando si sono arresi e se ne sono andati. Ma torneranno, questo è sicuro».
La signora che fa questo racconto chiede di non mettere nè nome nè indirizzo: e come darle torto, quando a ripetizione si legge di inquilini delle case popolari costretti a vivere nella paura o a cambiare quartiere per avere denunciato il racket degli abusivi? Basti sapere che la storia si svolge in zona San Siro, uguale a tante altre che avvengono nei quartieri Aler della città e dell'hinterland. E che a lasciare di sasso non è tanto la protervia degli abusivi quanto l'ignavia di chi dovrebbe fronteggiarli. «Il 113 - racconta l'inquilina regolare - mi ha risposto che avrebbero avvisato il pronto intervento Aler. Il numero verde Aler mi ha risposto che sarebbero usciti appena possibile. Sa quando sono arrivati? Il giorno dopo, alle sette di sera, a rappezzare i danni».
Ad abitare nella casa di San Siro la signora è arrivata due anni fa, quando («il peggior sbaglio della mia vita») ha chiesto di lasciare la casa popolare dove abitava, «non c'era la messa a terra e non potevo neanche attaccare il condizionatore». «Quando sono arrivata qui l'appartamento di sopra era già sfitto, non so da quanto. Aveva la porta blindata ma l'avevano sfondata, poi hanno messo una lastra di ferro. L'anno scorso ha iniziato a venirmi giù l'acqua in casa, ho chiamato l'Aler e sono usciti. Di sopra era pieno di piccioni morti e di tutti i loro escrementi. Un orrore».
Ed è per impadronirsi di questa spelonca da trentacinque metri quadri che gli abusivi l'altro giorno sono tornati all'attacco. «Nelle altre scale è un disastro, ci sono appartamenti dove la gente va e viene ogni settimana, facce che cambiano, in sette in una stanza, uomini che sputano sulle scale. Credo che il 70 per cento siano tossicodipendenti. Così quando ho sentito che stavano sfondando anche sopra di me sono uscita a sbirciare: con cautela, eh, che qui si rischia. Erano lì con gli attrezzi che lavoravano con calma. Non so cosa sia stato a fermarli. Di certo non l'intervento delle guardie giurate, che si sono viste solo il giorno dopo».
A convivere con il disastro dell'abusivismo, la signora e gli altri inquilini perbene del palazzone di San Siro hanno dovuto imparare sulla loro pelle. «Il portone è stato divelto, non c'è più nessun controllo su chi entra e chi esce. Qualche settimana fa, quando era sceso il freddo, c'erano interi gruppi di senza tetto che salivano a dormire nei solai».


«Io - dice ancora la malcapitata - ho chiesto all'Aler di poter cambiare di nuovo casa: meglio soffrire il caldo ma star tranquilla che vivere in questo schifo. La verità è che siamo in mano ai delinquenti e nessuno fa niente. E pensare che siamo a Milano, la città dell'Expo e di tante belle parole. Ma a me sembra di vivere a Scampia».

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