Energia, imprese in crisi. La metà non sa che fare, molti artigiani chiudono

Dati preoccupanti dal fronte delle aziende. Con questi costi, i guadagni sono azzerati

Energia, imprese in crisi. La metà non sa che fare, molti artigiani chiudono

I costi dell'energia hanno subito aumenti senza precedenti e le imprese non hanno molte contromisure da adottare. Per un numero rilevante di loro, l'unica risposta possibile è la chiusura.

Questa la fotografia che emerge dal report «Imprese lombarde e crisi energetica», prodotto da Unioncamere sui principali settori economici. «Nel 2022 - si legge - il rincaro dei prodotti energetici ha subito raggiunto proporzioni senza precedenti, con riflessi importanti sulla situazione economica e la competitività».

La «tensione» sul fronte degli approvvigionamenti era già stata rilevata a partire dall'autunno 2021, poi si è aggravata per effetto della guerra, con forti rincari sul gas e sull'energia elettrica. Adesso, la situazione è «molto critica». Il focus del centro studi di Unioncamere si riferisce al secondo trimestre 2022 e in questa fase si segnalano aumenti fra il 40 e il 50% in tutti i settori. Particolarmente grave la situazione del manifatturiero, quello che comprende le aziende energivore, dove gli aumenti sfiorano il raddoppio (98% per il gas e 73% per l'elettricità). Ma anche per gli altri settori, gli aumenti - minimo il 30% - sono tali da compromettere la redditività delle attività economiche. Moltissimi, insomma, in questa fase non stanno facendo alcun profitto e l'attività riesce al massimo a coprire le spese. Molto colpita la siderurgia, come il settore alimentare, o il tessile, ma un impatto negativo si registra anche nel terziario, basti pensare all'aumento del 76% per gas ed elettricità per alberghi e ristoranti.

Quanto alle contromisure, qualcuno sta cercando di reagire con contratti di fornitura che abbiano prezzi bloccati, o con le rinnovabili, o con impianti più efficienti. Ma nell'industria, il 30% delle imprese dichiara di non aver adottato alcuna strategia, e negli altri settori la percentuale si avvicina al 50%. Minoritaria, ma comunque rilevante, la fetta di coloro che riducono o sospendono l'attività: sono il 4% dei servizi e l'8 nell'artigianato, mentre molti altri vanno avanti per evitare la cassa integrazione, ma con margini praticamente azzerati.

«La flessibilità chiesta alle aziende - commenta l'assessore regionale alle Attività produttive, Guido Guidesi - già la stiamo utilizzando da mesi, aziende che producono la notte e il fine settimana, nei periodi meno costosi energeticamente, per mantenere le quote di mercato in accordo con i loro lavoratori». «È un anno che urliamo - aggiunge - per richiedere un intervento da parte della commissione Ue perché stiamo parlando di una vera e propria pandemia energetica, l'ho sempre chiamata così perché colpisce tutti. Intanto che l'Europa prende tempo senza decidere nulla noi, come Regione, abbiamo messo in campo tutto ciò che potevamo: 73 milioni di euro per efficientamento energetico, 175 milioni per il credito, 60 per liquidità e investimenti». «Tutto da soli non possiamo fare - prosegue l'assessore - qui c'è in gioco non solo il futuro del lavoro ma il futuro dell'Europa che senza strumenti efficaci cancella il principio solidaristico su cui si basa la sua costruzione. Mi spiace dire che un anno fa avevamo ragione ma mi spiace ancora di più constatare che in un anno Bruxelles non ha deciso nulla».

L'impennata dei costi dell'energia, inoltre, si innesta in una situazione resa ancor più critica dall'aumento dei tassi di interesse. In tutti i settori, circa la metà del campione rileva un peggioramento del tasso applicato e del costo del finanziamento.

E questo intacca il percorso di consolidamento finanziario che molte hanno intrapreso in anni recenti. Le imprese, insomma, ora fanno più fatica a ottenere e sostenere i finanziamenti. E spesso li chiedono per pagare i costi, più che per investire. Così non va.

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