"Da Fastweb ai grattacieli. Vi svelo il futuro sindaco"

I ricordi dell'ex inquilino di Palazzo Marino. "È una delle tre migliori persone che conosco"

"Da Fastweb ai grattacieli. Vi svelo il futuro sindaco"

«È una persona cordiale e simpaticissima, non dimentichiamo che ha origini romane. Lo stile austro ungarico dei milanesi non gli si adatta, perché è una persona molto gioviale, simpatica, spiritosa e piena di humour. Se devo dire le tre persone che nella mia vita posso considerare le migliori persone mai incontrate, lo metto insieme a mio fratello Carlo Alberto, grazie al quale ho potuto anche essere sindaco, e al mio avvocato Augusto Colucci, che non ha mai perso una causa».

Onorevole Gabriele Albertini, detto da lei che è noto per essere una persona esigente, fa effetto: Parisi è una delle tre migliori persone che ha incontrato nella vita?

«In senso sia professionale che morale. Come è successo a me, Parisi ora deve distaccarsi dalla sua azienda. Non è una cosa facile. Per farlo, ha trovato una cordata di imprenditori che mette in sicurezza la sua azienda e gli consente così di guardare con serenità alla sua società e di dedicarsi alla città».

Come l'ha conosciuto?

«Me l'ha presentato Bruno Ermolli su indicazione di Silvio Berlusconi, con cui aveva lavorato alla presidenza del consiglio dei ministri. Quando lo chiamai a Milano come direttore generale, lo sottrassi a Prodi...».

La cosa più importante che avete condiviso?

«Fastweb è un'idea sua, Silvio Scaglia me l'ha presentato lui. Il risultato è stato che la città di Milano è diventata la più cablata d'Italia, il Comune ha guadagnato dall'operazione 500 milioni di euro e oltre 10mila persone, tra dipendenti e indotto, hanno trovato lavoro».In Comune lo ricordano ancora per una rivoluzione.

È un innovatore?

«Voglio ricordare che è stato il primo direttore generale della storia di Milano: l'abbiamo introdotto noi grazie alla legge Bassanini. Il piano Ermolli- Parisi per la riorganizzazione della macchina comunale è stato fondamentale, con l'introduzione del premio legato al risultato dei dirigenti, la trasformazione della tecnostruttura da burocratica a manageriale e poi l'intervento di riorganizzazione delle partecipate, andate tutte in attivo nel 1998, per non dire del contributo che ha dato alle privatizzazioni, i 30 miliardi di investimenti del mondo arrivati a Milano per la riqualificazione urbanistica».

Qual è stato il merito principale di Parisi?

«Non eravamo in tanti a seguire l'operazione e lui come direttore generale era su tutti i pezzi. Rispettoso delle scelte politiche, perché indirizzo e controllo erano della giunta e lui aveva funzioni esecutive, ma al suo livello partecipava alle decisioni, dando consigli e suggerimenti, intervenendo nella maniera giusta. Lo considero un protagonista indiscusso».

Come mai vi siete separati?

Parisi non era al suo fianco nel secondo mandato da sindaco...«Ebbi un litigio con D'Amato, presidente di Confindustria, perché me lo portò via per fare il direttore generale, ma non potevo competere con gli stipendi della Confindustria! Con questo non voglio dire che Parisi sia esoso, ma era un'offerta che non si poteva rifiutare, anch'io avrei fatto la stessa cosa. Ebbe un grande problema personale per distaccarsi da quel che stava facendo. Infatti mi arrabbiai con D'Amato e non con lui, per un po' non ci siamo più parlati, mi sono incavolato molto, perché mi ha privato di un collaboratore eccezionale».

Pensa di sostenerlo con una lista del sindaco Albertini?

«Darò tutto il contributo che lui ritiene utile e opportuno. Il mio bicchiere lo verso fino all'ultima goccia. Tutto l'appoggio possibile glielo do entusiasticamente perché credo in lui e voglio bene alla mia città. Penso che il sindaco Parisi sarà ricordato come uno dei migliori sindaci della storia. Sono sicuro della vittoria».In molti obiettano che Parisi non è molto conosciuto.«Anche io, dopo il quarto no, accettai il 28 febbraio del 1997, e da presidente di Federmeccanica ero conosciuto solo ed esclusivamente negli ambienti imprenditoriali, nel mondo dell'economia. Il mio indice di notorietà era bassissimo e avevo solo 4 mesi per farmi conoscere. La notorietà è la massa, il blocco di marmo, la popolarità è la forma che prende. Il gap di notorietà è contro Parisi ma quel che avverrà in campagna elettorale lo porterà a vincere».

Ci racconta un episodio del suo rapporto con Parisi che l'ha particolarmente colpita?

«Ricordo la lettera aperta che nel 2001 scrisse a Montanelli in cui gli contestò le accuse che mi aveva mosso di essermi piegato ai voleri di Bossi e Berlusconi. Gli ricordò tutto quel che io e lui avevamo fatto insieme. Alla fine Montanelli gli diede ragione».

Com'è il candidato Parisi nel privato?

«Ricordo una cena a casa sua, io e mia moglie con lui e sue moglie. Mi colpì molto che le figlie, due ragazze di dodici o tredici anni, servivano a tavola.

Mi aveva impressionato che in una famiglia benestante insegnassero così la correttezza e la disciplina. Era un modo di educarle a rispettare i ruoli, al buon comportamento, alla disponibilità, a rapporti familiari corretti».

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