Con l'estate, il Viaggiatore Goloso mette la prua dei desideri verso il mare, oggi verso il Borgo, il gioiello della Riviera che Plinio chiamava Portus Delphini. Di origine fenicia, greca o romana, poco importa, impossibile, prima o poi, non gettarvi l'ancora in senso reale o metaforico. Per la baia protetta, per il clima dolce, per un po' di «struscio». Portofino, però, ha mantenuto un'anima da «borgo» specialmente nella proposta golosa, recuperando perfino antiche tradizioni. Tra le più interessanti quella ripresa da Natalia, duchessa di Westminster, madrina del principe William e discendente dello Zar Nicola I e dello scrittore Aleksander Pushkin, nella sua tenuta La Cappelletta. Con la consulenza di Walter De Batté, vignaiolo filosofo delle Cinque Terre, la duchessa produce 3mila bottiglie di Vermentino oltre a 1.800 d'olio. Due chicche.
Portofino è così, in perenne equilibrio tra tradizione e mondanità. Al bar Morena da Ugo sono passati tutti, dagli occhi viola di Liz Taylor ai nude look di Rihanna. Cambiano i volti, famosi o meno, ma non i riti, come la focaccia da Mariangela al panificio Canale. All'inizio (1911) si chiamava Figallo, dal nome della nonna. La sua fugassa, semplice, calda, croccante è un piacere anche nelle varianti con cipolle e olive. Un passo Puny lo merita anche se il leggendario Luigi Miroli, che metteva in attesa delle sue pappardelle Portofino (pesto e pomodoro) tutti, sovrani e sudditi, non c'è più. Prosegue l'attività il figlio Andrea.
Per smaltire focacce e pasta, saliamo sui terrazzamenti del museo del Parco, aperto da giugno a settembre. Nato nei primi anni Ottanta, ospita, in un giardino di circa tre ettari affacciato sul mare, sculture di alcuni tra i maggiori artisti contemporanei.
Sulla piccola baia domina il Castello Brown, precedentemente Castello di San Giorgio. L'edificio ha cambiato molti proprietari e occupanti, dai Visconti a Tommaso Fregoso, fino a Napoleone. A fermarne il declino, fu il console inglese Montague Yeats Brown che lo scoprì incrociando sul mar ligure con il suo Black Tulip. Lo acquistò per settemila lire e lo trasformò. L'antica piazza d'armi divenne un giardino pensile. Dal 1961 appartiene al Comune e vi si svolgono congressi, eventi, mostre.
Scendiamo nella calata Marconi, da Ö Magazin, il ristorante delle sorelle Mussini, Simona con il marito Andrea Pelosin ed Emilia. Il nome deriva proprio dall'antica assegnazione dei locali: un magazzino per le reti e l'attrezzatura da pesca. Giovanissima, Simona ha trasformato l'attività preesistente in un ristorante che propone la tradizione ligure con cura della materia prima: polpo con patate e salsa verde; spaghetti Magazin (crema di muscoli, grattata di pane tostato, peperoncino); pesce al forno alla ligure.
Ben rifocillati affrontiamo qualcuno degli 80 km di sentieri del parco del monte di Portofino, dal 1935 oasi protetta di flora, fauna e paesaggio, unici al mondo. Passeggiate, natura e anche storia con i siti, recuperati e restaurati: Semaforo Vecchio, Batterie, Mulino del Gassetta (un tempo erano 36), Locanda di San Fruttuoso, eremo di Niasca. Da questo prende il nome l'azienda fondata da residenti e frequentatori abituali per far conoscere non solo l'aspetto glamour di Portofino ma anche quello goloso: olio, salse, sughi, pasta (le picagge), vino e una limonata strepitosa.
Prima di lasciare il Borgo, torniamo in fondo alla carta Marconi per un brindisi all'Enoteca Winterose di Emanuela Cattaneo, sommelier, esperienze con Marchesi, un'altra lombarda che si è innamorata del Borgo. Con la sua passione ha fatto rivivere il rito dell'aperitivo a Portofino: cin, cin con uno suoi dei vini selezionati. Ad accompagnare i calici, culatello, alici, pane e focaccia, olive taggiasche.
Finale a qualche centinaio di metri, nella splendida cala di Paraggi, dove riparte l'avventura estiva di Langosteria mare, con i suoi classici: king crab alla catalana, orecchiette con
vongole, bietole croccanti e jalapeno, plateau di ostriche e frutti di mare.Com'era la canzone? I found my love in Portofino. Oltre all'amore il Viaggiatore ha trovato, come ormai è sua abitudine, anche qualcosa di goloso.
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