Un po' come una figlia a cui assegnare una dote. Una ricchissima dote. Quando venne istituita la Provincia di Monza e Brianza, nel 2004, in via Vivaio furono costretti a fare di conto. Il nuovo ente, infatti, nasceva per scorporo da Palazzo Isimbardi, e da questo avrebbe dovuto ottenere la sua fetta di patrimonio. Non fu un lavoro facile. Venne calcolato il valore di strade, edifici scolastici, beni mobili e immobili, terreni, fabbricati, partecipazioni societarie, azioni e persino quadri e oggetti d'arte. Centinaia di milioni di euro che vennero «spostati» da un'amministrazione all'altra. Una cifra enorme che sembrò chiudere definitivamente la pratica. Tutti felici e contenti? Non proprio, perché da Monza pretesero di più. Un ulteriore congualgio al netto dei ricchi trasferimenti già effettuati. Oltre dieci milioni di euro (10,2, per l'esattezza) rimasti in sospeso. E che ora Milano è stata condannata a versare. Il tribunale amministrativo della Lombardia, infatti, ha respinto il ricorso presentato da Milano contro il decreto ingiuntivo deciso sempre dal Tar nel giugno 2012, imponendo così il pagamento a Palazzo Isimbardi.
Via Vivaio, ovviamente, farà appello al Consiglio di Stato. Primo - si legge nel ricorso - perché «è assente il requisito della liquidità ed esigibilità del credito». Ma, replicano i giudici nella sentenza depositata solo pochi giorni fa, «il pagamento non poteva essere sospeso per la mancata presentazione della proposta di versamento di conguaglio: sempre in base al tenore letterale delle clausole della convenzione e alla loro interpretazione sistematica, le parti hanno stabilito che la Provincia di Milano presentasse, entro 60 giorni, una proposta di versamento solo del conguaglio, non della somma già esattamente determinata» in quei 10 milioni. Secondo motivo di ricorso, quei 10 milioni sarebbero compensati dalle «somme dovute dalla Provincia di Monza e Brianza per l'esercizio della gestione negli anni 2009, 2010 e 2011», di cui Milano ora chiede la restituzione. Totale, oltre 33 milioni di euro. Niente da fare, il Tar boccia l'argomento per difetto di giurisdizione. «La richiesta di compensazione non ha fonte nell'accordo» tra le parti ma in titoli differenti, per cui «la cognizione relativa all'accertamento del reliativo diritto è sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo», titolare solo per «le somme che trovano la propria fonte nell'accordo, mentre le sommme poste in compensazione sono dovute per differenti rapporti negoziali e contrattuali».
Morale, decreto ingiuntivo confermato e condanna al pagamento di 10,2 milioni.
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