Qualcuno disse che la cultura non dà da mangiare. Sarà, ma di sicuro può compiere il miracolo di sfamare il bisogno di non stare ai margini e di non sentirsi abbandonati alla solitudine e al degrado. A dimostrarlo ancora una volta è l'avventura della regista milanese Serena Sinigaglia, fondatrice dieci anni orsono del Teatro Ringhiera Atir alle porte del Gratosoglio, quartiere non-luogo più noto alle cronache di microcriminalità che alle critiche di spettacolo. Nell'arco di un decennio il «Ringhiera» ha compiuto un doppio miracolo: quello di portare in questo piccolo Bronx una fetta del pubblico alto, abituato a frequentare sale del centro come il Piccolo, l'Elfo Puccini o il Franco Parenti. E poi quello, forse ben più importante, di accendere una luce di speranza in una piazza suburbana a ridosso di via dei Missaglia, zona di spaccio e case popolari. Non una cattedrale nel deserto, ma un lavoro lento e certosinico fatto di spettacoli, rassegne e corsi dedicati ai bambini, agli anziani, ai disabili. «I primi tempi ci spaccavano i vetri - ricorda la Singaglia, classe 1974 - entravano di notte nel teatro e distruggevano quello trovavano, perfino le macchinette del caffè; oppure capitava che entrasse qualche ragazzo ferito in una rissa che non voleva andare in ospedale. Alla fine hanno capito che non volevamo sfidare il loro territorio, ma regalare un'opportunità a tutti». Alla sala di piazzale Fabio Chiesa in questi anni hanno gravitato centinaia di persone e moltissime famiglie della zona per le quali era diventato un punto di riferimento e di ritrovo anche nelle domeniche piovose, tra messe in scena, giochi e una fetta di torta.
Ora però la favola del Gratosoglio si è interrotta, perchè allo scadere del contratto i tecnici del Comune si accorgono che la sala non è adeguata a ospitare il pubblico ed è necessaria un'urgente ristrutturazione. Uno sfratto in piena regola che potrebbe durare anni. «Per noi è stata una doccia fredda perchè la comunicazione ci è giunta ad aprile quando ormai avevamo già pronta la programmazione 2017-2018; ma la cosa più assurda è che da anni avevamo chiesto sopralluoghi dal Comune dopo che nel 2007 avevamo sistemato a nostre spese un teatro rimasto chiuso 15 anni. Mai avuto risposte fino a quando, guardacaso, il contratto è arrivato a scadenza». Sembra la solita vecchia storia delle amministrazioni che in campagna elettorale sventolano lo slogan ripartiamo dalle periferie e poi se ne dimenticano. «Noi conquistammo il bando emesso dalla giunta Moratti e il contratto quinquennale ci venne rinnovato da Pisapia. Sala? Non l'abbiamo mai incontrato, ma una cosa è certa: nel suo piano periferie il Gratosoglio non figura neanche. Forse perchè, a differenza di altre zone come gli ex Scali, non ci sono grandi interessi privati...».
Nella speranza che prima o poi si riapra, Serena Sinigaglia non ci pensa ad arrendersi anche perchè, sorride, «non sarei l'unico direttore-regista donna in un mondo dominato dai maschi». Fondatrice nel 1996 dell'Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca (ATIR), continuerà a produrre i suoi spettacoli in giro per l'Italia e per l'Europa. E ovviamente a Milano. «Appena è arrivata la notizia della chiusura del Ringhiera, molti teatri si sono offerti di ospitare le nostre produzioni». Tra questi anche il Manzoni, a smentire la sua vocazione di teatro unicamente commerciale.
«Io sono apertissima a condividere dei percorsi e per il Manzoni avevo già diretto Nudi e crudi con Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi». Stavolta sarà addirittura in scena (con Arianna Scommegna e Mattia Fabris) in un originale spettacolo che racconta la nascita dell'amore per colui che è ancora la sua stella polare: William Shakespeare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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