«L'amicizia con Daccò? È stata una leggerezza»

Alla fine, gli tocca ammetterlo. «Con il senno di poi posso imputarmi che mi sono esposto con leggerezza in un rapporto personale di confidenza, che all'esterno è stato visto malamente». Poi però, una precisazione sostanziale. «Questa amicizia non si è mai riverberata sulle mie scelte politiche». L'ex presidente lombardo - ora senatore del Nuovo centrodestra - Roberto Formigoni è in tribunale per l'interrogatorio davanti ai giudici del «processo Maugeri» nel quale è imputato di associazione per delinquere e corruzione assieme, tra gli altri, all'ex assessore regionale Antonio Simone e al faccendiere Pierangelo Daccò. E proprio a Daccò Formigoni si riferisce quando parla di «leggerezza». Un amico, certo. Ma - spiega il politico - nulla che abbia condizionato le scelte del governatore.

«La legittimità dei miei atti da presidente della Regione Lombardia è incontestabile», spiega Formigoni nel corso delle dichiarazioni spontanee rese in aula. Tutte le delibere in materia sanitaria, insiste sono state sottopost e «a plurimi controlli» da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, «magistrature» che hanno sempre «dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia». Inoltre, spettava ai dirigenti di Regione Lombardia «dire se un atto fosse legittimo o no, io ero il presidente della Regione e avevo un ruolo politico, dovevo occuparmi di politica e delle modalità tecniche si occupavano i dirigenti come Sanese».

Dacco? «L'ho conosciuto nel 2001 e con il tempo è diventato un amico: è una persona con cui trascorrevo periodi di vacanza».A presentarli fu «padre Schiavon, e lo rividi l'anno successivo, quando si rafforzò la sua immagine come collaboratore del Fatebenefratelli. Negli anni successivi si sviluppò un rapporto e spesso passava nel mio ufficio per un saluto e per uno scambio di chiacchiere tra amici». Quanto alle vacanze di lusso che per i pm Daccò avrebbe pagato a Formigoni, il senatore Ncd replica che «non si tratta di utilità ma di scambi tra persone che sono amiche», e poi le uniche cose «che mi è capitato di non pagare erano il parrucchiere e il caffè al bar vicino a casa». «Le barche erano di Daccò, che non le ha comprate per me ma per se stesso. Lui mi invitava a bordo delle sue barche e la mia unica colpa è quella di aver accettato l'invito di un amico». E a proposito delle ormai famose ricevute di pagamento svanite nel nulla, arriva l'obiezione dell'imputato: «Ma tra amici ci si scambiano gli scontrini, le ricevute?». Quanto all'ex assessore regionale Antonio Simone, poi, Formigoni spiega di averlo conosciuto «negli anni '70, quando entrambi eravamo responsabili del Movimento popolare».

Insomma, secondo Formigoni non esistono prove di corruzione, così come «non esiste in tutto il mondo un conto riconducibile a me: la Procura ha fatto rogatorie anche in Papuasia ma non ha trovato un euro, un rublo o un dollaro».

Sempre ieri, però, i pm hanno depositato anche alcuni atti dell'inchiesta sull'ormai ex presidente di Ferrovie Nord Milano, Norberto Achille, dai quali emergere l'acquisto di alcuni quadri «da parte di funzionari di Fnm» proprio per l'ex governatore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica