Una vita per la musica, una vita per la chitarra, una vita per i Pooh. Ma l'esistenza artistica anche dopo lo scioglimento della band di «Si può essere amici per sempre» continua, eccome, per Dodi Battaglia, 67 anni, che è stato uno dei «magnifici quattro» (gli altri, ricorderete: Roby, Red e Stefano, ndr).
Questa sera lui sarà in concerto al Teatro Nazionale, tappa milanese della sua tournée «Perle-Mondi senza età», titolo che tradotto significa la ri-proposizione di quei brani del gruppo «che non venivano suonati spesso live, gioielli che sono rimasti nei cuori delle persone per anni». Insomma dopo l'avventura coi Pooh per questo virtuoso dello strumento ora la vita «è un lungo assolo».
Dodi Battaglia, a due anni dal suo addio al resto dei Pooh, come si sente? A proposito, un «pensiero»...
«Mi sento un po' spiazzato, mi devo ancora abituare bene. Nel senso che sono state così tante e belle le esperienze che ho vissuto con i miei compagni di viaggio, sia nella vita sia nella musica, che adesso non mi è facile adattarmi su un palcoscenico, da solo, in proprio. Il distacco è stato doloroso».
Però non solo nostalgia, anche un (primo) «giorno di libertà», o no?
«Di positivo c'è che in questi due anni comunque ho fatto molte cose belle. Due tour da solo con decine di concerti all'anno, un disco live che ha venduto quasi ventimila copie e, ancora, un compleanno fantastico a Bellaria Igea Marina con 26mila spettatori, dove ho registrato (il progetto Dodi Day appena uscito in forma di disco, ndr). Insomma, la mia vita artistica è continuata, con soddisfazione».
Il nuovo tour dimostra che «il primo amore non si scorda mai»...
«Adesso in realtà realizzo un'idea che avevo già da parecchio tempo, almeno da un anno. Ovvero portare sulla scena una tournée dedicata a quei brani dei Pooh, bellissimi, che per diverse ragioni, dalla band da un certo punto in poi sono stati meno eseguiti. Brani che hanno radici nella musica vera, nella freschezza, nell'ideazione».
Può fare un esempio di tre canzoni che durante il concerto di questa sera, rappresentano la «filosofia» di questa nuova tournée?
«Alcuni di questi pezzi, con un taglio diciamo più intimista, spesso venivano richiesti dalla gente. Ma i Pooh, a un certo punto, da gruppo di musica per l'ascolto erano diventati una formazione anche da palazzo dello sport, che aveva bisogno di esprimersi pure per grandi spazi. E così forse certe atmosfere sono state tralasciate. Nei miei live attuali dunque proporrò brani come Linda, Orient Express Classe '58 e sicuramente Cercami, creazioni più adatte agli ambienti dei teatri».
Già, il brano «Cercami»: era un pezzo di punta all'epoca, correva l'anno 1978...
«È stato scelto per la campagna radiofonica e sta andando bene. Ai tempi, pur essendo molto bello, chissà per quale motivo diventò un po' come un titolo di scorta. Poi farò anche il più recente Isabel».
C'è anche qualcosa dei suoi esordi come autore?
«Sono entrato nei Pooh come chitarrista, poi mi hanno fatto cantare Tanta voglia di lei e alla fine mi è stato chiesto di comporre. Perciò ho scritto Io in una storia, la mia prima canzone in assoluto che adesso riprendo in apertura».
Un'altra pagina, che cosa ha in serbo per il futuro...
«Sto pensando a un nuovo progetto per Sanremo. Avevo una grande amicizia con Giorgio Faletti (scomparso nel 2014, ndr) con il quale correvo in macchina. Ho chiesto a sua moglie se oltre alla canzone Signor Tenente c'era qualcosa di altro che aveva composto, un inedito. Lei mi ha dato un testo, un pezzo da sviluppare; ho cominciato a lavorarci e a pensare concretamente sul da farsi. Da qui un discorso con il Festival, si vedrà».
Lei è stato indicato come uno dei migliori chitarristi a livello internazionale, qual è la sua cifra?
«Quando ho cominciato a suonare la chitarra elettrica il chitarrismo italiano era assai scarno. Se ho un merito è quello di aver portato avanti una maniera italiana, un modo che rispetta i canoni della melodia, della nostra musica; le grandi frasi non tecniche e basta».
I
Pooh si ritroveranno sul palco almeno un'altra volta?«Me lo auguro. Mi sono reso disponibile, unica condizione che la gran parte del ricavato che potremmo avere venga messo a disposizione per un progetto di beneficenza».
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