Barbara Brega Massone: "Mio marito un mostro? Non ci crederò mai"

La rabbia della moglie dell'ex primario condannato all'ergastolo: "I giudici avevano già deciso tutto prima. È un capro espiatorio"

Barbara Brega Massone: "Mio marito un mostro? Non ci crederò mai"

«I giudici di mio marito sono entrati in camera di consiglio alle dieci e mezza e sono usciti alle 18,30. Ma a mezzogiorno e mezza avevamo già la Guardia di finanza sotto casa che non ci ha più persi di vista. Ci hanno seguiti mentre andavamo verso Milano, e abbiamo dovuto persino fermarci a un certo punto per aspettarli. Avevano già deciso che era colpevole e che andava arrestato. È così dall'inizio. Era tutto già deciso». Barbara Brega Massone è una donna minuta e bionda. È la moglie del mostro, del chirurgo assassino, condannato all'ergastolo e a due anni di isolamento diurno, come Olindo e Rosa. «Due anni di isolamento. Di cosa hanno paura? Che vada in giro per i reparti ad ammazzare la gente col bisturi?».

Per la prima volta, dopo la sentenza di mercoledì, ieri mattina Barbara Brega è andata a Bollate ad incontrare suo marito, rinchiuso nel carcere dove la giustizia ha deciso che passerà il resto dei suoi giorni. Omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Questo, per la Corte d'assise di Milano, furono le quattro operazioni alla clinica Santa Rita compiute dal primario di chirurgia toracica, e terminate con la morte dei pazienti. Omicidi all'arma bianca, li hanno definiti i pm nella loro requisitoria, dove l'arma era il bisturi da chirurgo, usato non per salvare i pazienti ma per gonfiare i rimborsi. A questo serviva la Vat, la tecnica d'intervento impiegata da Brega. «Lo so, il consulente della Procura, il dottor Greco, dice questo. Ma perché non si va a guardare quale tecnica usava Greco quando come mio marito lavorava all'Istituto dei tumori? La Vat».

Barbara Brega Massone è una donna ferita e arrabbiata. Se è sull'orlo della disperazione, se la terrorizza la prospettiva di una vita da vedova bianca, tra la routine dei colloqui e una figlia da allevare, per ora lo nasconde bene. Nella sua rabbia ci sono anche i giornali, «che erano tutti in aula quando parlava la procura, e invece i nostri consulenti e i nostri avvocati hanno parlato nel deserto». Ma più ancora dei giornalisti le fanno rabbia i giudici della Corte d'assise: «Bastava vedere come sorridevano, gli sguardi che si scambiavano con i pubblici ministeri, per capire che era già tutto deciso. In una pausa i nostri avvocati hanno dovuto chiedere a uno dei giudici se dovevano smettere di parlare, perché era chiaro che gli stavano dando fastidio. Li hanno lasciati andare avanti per un po'. Poi, lunedì sera, li hanno fermati, anche se c'erano ancora due udienze fissate. Lì abbiamo capito che era tutto finito, tutto deciso».

Sulla ribalta del processo c'è lui, Pierpaolo Brega Massone, con la sua baldanza a volte spinta all'estremo, e soprattutto i suoi metodi. Sullo sfondo, però, c'è l'intero sistema della sanità mista, il pubblico che finanzia il privato, e il privato che tanto più incassa quanto più ricovera, taglia, cuce, ritaglia. «Io non ho mai voluto perdermi in dietrologie. Però che mio marito sia diventato il capro espiatorio, la vittima sacrificale delle polemiche sulla sanità mi sembra oggettivo. C'è Brega, che è un assassino. Tutto il resto va bene. Mi scusi, ma mi sembra un po' facile, un po' sbrigativo».

Di lui, del marito di cui conosce le asprezze caratteriali, e di cui da sempre pensa che si sarebbe risparmiato molti guai se avesse volato più basso, Barbara adesso parla poco, e con tenerezza che contrasta in modo impressionante con il ritratto che esce di lui dalle carte processuali. Quanti Brega esistono, e qual è quello vero? Il «ragazzo che ho conosciuto quando eravamo studenti, e abbiamo studiato e faticato insieme»? O il cinico camice bianco che trasforma le operazioni in autopsie sui vivi, sottoponendo a nuove sofferenze chi è già senza speranze? La Corte d'assise di Milano non ha avuto dubbi, e ha riportato l'imputato in carcere - un arresto da film, nei corridoi del tribunale, appena finita la lettura della sentenza - accusandolo di preparare la fuga. «Dicono che Pierpaolo aveva i soldi per darsi alla latitanza. Ma quali soldi? Sanno benissimo che lui da sei anni non lavora, che tutti andiamo avanti col mio stipendio da impiegata, e che se ci capovolgono a testa in giù dalle nostre tasche non esce un euro».

Processo e storia delicati e complessi. Brega Massone incarna una figura che si presta bene all'odio popolare. I suoi pazienti di un tempo si sono divisi, chi lo ha denunciato, chi lo ha difeso. Dove finisce il dovere di un medico di osare, di esporsi per fare tutto il possibile, e dove inizia la colpa, e dove ancora la volontà deliberata di uccidere o almeno di accettare la morte? «La Corte ha preso per buone le perizie dell'accusa.

Eppure qualcosa vorrà dire che i giudici del tribunale civile, cui si era rivolta una paziente, hanno stabilito che le stesse operazioni per cui mio marito è stato condannato sono state fatte a regola d'arte».

Signora: come sta suo marito? «É sconcertato, è deluso. Ma io lo conosco bene. E so che piuttosto che ammettere ciò di cui l'accusano, lui morirà in carcere».

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