Prima fa autocritica su Milano, dove il Movimento «non è stato in grado di dialogare con i cittadini». Poi accetta il paragone proposto da una signora al mercato di via Osoppo. «Lei mi ricorda tanto Enrico Berlinguer», dice la donna a Giuseppe Conte. E l'avvocato del popolo, sornione come sempre, prende la palla al balzo: «Un accostamento che mi onora, cercherò di rispettarlo».
Sono passati poco più di tre anni da quanto ricevette l'incarico da Sergio Mattarella di formare un governo composto dal suo Movimento e dalla Lega. Ma l'ex professore ci ha abituato alle giravolte. E così, come niente fosse, eccolo lì al Quirinale, un anno dopo, a giurare per un altro esecutivo. Fuori il Carroccio, dentro il Pd. «Sono sempre stato un uomo di centrosinistra», diceva Conte. Oggi poi la trasformazione finale con l'accostamento a Berlinguer, storico segretario del Pci.
Pulsioni comuniste, per il presidente del Movimento, che a dire il vero su Milano non si presenta con tante ambizioni. «Se qui non abbiamo avuto buoni risultati, la colpa è la nostra. Per questo dobbiamo ripensare alcuni atteggiamenti». Da qui la voglia di avvicinare le imprese e di proiettare la galassia pentastellata in un'orbita più pragmatica e meno attivista. Ma il gelo arriva dagli stessi imprenditori che gli contestano la scarsa vicinanza durante il suo soggiorno a Palazzo Chigi. «Povero Berlinguer, tra lui e Conte passano chilometri lo affonda il coordinatore lombardo della Lega Fabrizio Cecchetti ha avuto occasione di dialogare con le nostre imprese quando era al governo, ma qui non si è mai fatto vedere. Stia a casa sua, che è meglio per tutti».
L'ex premier, comunque, prova a spendersi per la sua candidata: Layla Pavone, la manager del digitale «pioniera di internet», ma si dimentica frettolosamente del pressing estivo su Giuseppe Sala. Conte, infatti, ci aveva provato in tutti i modi a salire sul carrozzone del sindaco, prima di incassare il «niet» definitivo all'apparentamento. Non è un caso che quando i cronisti al Salone del Mobile gli chiedono del ballottaggio, l'avvocato ceda la parola a Pavone. «Con Sala ci siamo scambiati qualche cortesia inizia a flirtare anche la candidata ma fatemi lavorare un mese. Al ballottaggio ci penseremo dopo».
Un buon risultato al primo turno renderebbe i grillini più appetibili anche davanti gli occhi del sindaco, specie con una rappresentante come Pavone che non viene dal mondo della politica,
estranea dunque alle tensioni degli ultimi anni a Palazzo Marino tra la giunta e il Movimento. La manager intanto attacca sulle piste ciclabili e sulle periferie. Perché oggi va così, tra le fila pentastellate, domani chissà.
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