“Odio i socialisti perché non sono socialisti, mentre odio i miei perché amano troppo il denaro”. Quando nel 1970 Charles De Gaulle pronunciò queste parole stava, forse inconsciamente, prevedendo il futuro che avrebbe governato la Francia per oltre 40 anni. Durante i suoi mandati presidenziali il Generale era riuscito ad attuare una sintesi tra le due anime che componevano il Paese: quella nazionalista, autoritaria, conservatrice e militarista con quella socialista, statalista e centralista. Il suo dichiarato obiettivo era quello di promuovere l’interesse nazionale del Paese, venendo per questo oggi ricordato dai francesi – tanto dal popolo tradizionalmente di destra che da quello di sinistra – come uno dei padri fondatori della Francia contemporanea.
Dopo la sua morte, però, gli i protagonisti della vita politico-istituzionale della Repubblica Francese sono stati due schieramenti - il Partito Socialista e l’Unione Popolare (Ump) - che, alternandosi al potere, non si sono mai veramente diversificati l’uno dall’altro. Come spiega Sebastiano Caputo nel suo saggio Franciavanguardia, socialisti e neogaullisti hanno smantellato progressivamente il welfare state, rinunciando alla propria sovranità nazionale a favore dei grandi istituti di credito internazionali e dimenticando il petit peuple, la gente comune tanto di Destra quanto di Sinistra. Tradendo nei fatti l’eredità lasciata da De Gaulle.
Questo ‘tradimento’, promosso a fasi alterne da entrambi gli schieramenti, è avvenuto sia sul piano politico economico che su quello culturale. Se da un lato sono state promosse profonde politiche ultra-liberali (privatizzazione della Banca di Francia, delocalizzazioni, deindustrializzazioni, deregolamentazione dell’economia, rinuncia alla moneta nazionale e alla sovranità militare) dall’altro sono rimaste inascoltate tutte le principali richieste che i cittadini esprimevano con le elezioni o per via referendaria.
Non c’è dunque troppo da stupirsi se oggi la maggior parte dei francesi non si riconosca in più neglis schieramenti tradizionali. E cerchi un’alternativa in una terza forza. Il monopolio droite/gauche sembra stare implodendo da quando il Front National di Marine Le Pen ha iniziato una feroce scalata nei consensi, passando nell’arco di otto anni da essere un partitino considerato di estrema destra al primo partito nazionale. La svolta risale al 2011, quando Jean Marie Le Pen dichiarò guerra al mondialismo:”la crisi è la figlia naturale del mondialismo” disse, “un’ideologia che idolatra la globalizzazione. E' l’utopia di un mondo ugualitario senza differenze di razza, dove però vi saranno uomini più o meno uguali di altri: alcuni potranno preservare la loro identità, mentre altri saranno costretti al meticciato, senza differenza di sesso, religione o opinione. Ci priveranno delle nostre tradizioni culturali, locali, culinarie, del nostro modo di vivere al fine di uniformarci in ogni parte del globo e renderci organici agli standard internazionali di consumo”.
Se oggi in Francia si votasse Marine Le Pen salirebbe all’Eliseo. Nonostante si sia posta in continuità con la linea del padre, i contrasti tra i due sono noti pubblicamente. Per capire cosa cambi tra il vecchio Front National e quello di oggi abbiamo parlato con Ludovic de Danne, Segretario Generale del ENL (il movimento lepenista al parlamento europeo), responsabile per la politica estera del movimento e braccio destro delle Le Pen.
Capelli castani pettinati all’indietro, occhi azzurri, mentre parla tiene lo sguardo fisso verso l’alto, come se volesse evitare il contatto visivo diretto per non fare trapelare emozioni. Elogia la democrazia e la sovranità, sostenendo che l’una non può esistere senza l’altra, le sue parole sono misurate, bilanciate e presentano se stesso come una persona pacata, moderata e lontana da ogni estremismo.
Monsieur de Danne, il Front National è il primo partito della Francia. Eppure alle ultime elezioni regionali in molte zone non avete vinto a causa dell’opposizione congiunta di socialisti e gaullisti. A cosa è dovuta quest’alleanza contro di voi?
E’ dovuta al fatto che destra e sinistra sono l’espressione degli stessi interessi. Dello stesso sistema che vuole trasformare la Francia in qualcosa che non è mai stato, negando la sua storia e ogni sua tradizione. Il mondo cambia, è vero, ed è anche vero che pure la Francia si deve evolvere. Ma evolversi non vuol dire cambiare improvvisamente la propria natura, come queste persone vogliono. Il cambiamento deve essere progressivo e affondare le proprie radici in quello che c’era prima, per far si che vi sia una continuità che sia un punto di riferimento per le generazioni future. Destra e sinistra sono ugualmente appiattite di fronte a questa visione distorta di modernità e per questo entrambe temono l’ascesa di chi, come noi, per la prima volta rifiutiamo questa logica. Non vi è dunque da stupirsi se si entrambe abbiano interesse ad allearsi contro il Front National. E se destra e sinistra sono la stessa cosa significa che destra e sinistra non esistono più.
Lei mi sta descrivendo una Francia profondamente spaccata: da una parte l’asse destra-sinistra, dall’altra il Front National.
La politica francese è divisa, come lo è la società. Da una parte c’è il cosiddetto Pays lègal (paese legale), composto da una classe dirigente esterofila e bobo (bourgeois behèmien), dall’altra il Pays reèlle (Paese reale), quella Francia profonda e popolare che si rifà agli ideali di grandeur e di Francia eterna, ma che no ha rappresentanza ufficiale. Noi vogliamo essere l’espressione legale del paese reale. Vogliamo portare nella politica quei sentimenti che ne sono stati esclusi per troppo tempo. Vogliamo riportare la natura della Francia all’interno delle sue istituzioni. E’ soprattutto per questo che a votarci non è solo il popolo conservatore, ma anche quello che una volta era socialista e che oggi si sente tradito. Tradito dalle politiche neoliberali che hanno distrutto lo Stato Sociale. Ma tradito anche dall’immigrazione, che sta azzerando i diritti salariali e sindacali e portando ad una guerra tra poveri. Io non sono un cospirazionista, non ritengo cioè che i flussi migratori siano stati organizzati a tavolino per condurre all’attuale situazione. Quello che è certo è però che sia destra che sinistra hanno favorito nella stessa misura questo fenomeno e le conseguenze alle quali oggi assistiamo.
Lei accusa le politiche liberali dei governi francesi. Eppure è stata proprio la Francia a portare gli ideali liberali in Europa con la Rivoluzione francese che è il mito fondativo della Francia moderna. Bisogna dunque rivalutare anche la Rivoluzione.
Io non voglio rivalutare o accusare nessun processo storico. Voglio prendere da ognuno di essi il meglio che c’è. E voglio che il meglio di ogni processo storico diventi parte dell’identità di una forte nazione francese. Solo così si può raggiungere la riconciliazione nazionale necessaria per colmare la spaccatura sociale di cui parlavamo. Che piaccia o meno, noi siamo gli eredi della Rivoluzione, come siamo gli eredi della Francia dei re e di quella di de Gaulle.
Se volete prendere il meglio di ogni periodo storico cosa salvereste del periodo di Vichy? Salvate per esempio scrittori vicini al regime collaborazionista ma oggi pur sempre considerati come dei grandi della letteratura francese come Pierre Drieu La Rochelle, Robert Brasillach e Louis Ferdinand Celine?
Il Front National di oggi non ha nulla a che vedere con il regime di Vichy. Gli autori che ha citato sono sicuramente stati un punto di riferimento nel passato del partito, oggi noi abbiamo la fortuna di poter attingere a tutto il grandissimo patrimonio letterario francese, fatto sia di autori di destra – come quelli citati- che di sinistra come Jean Jaurece, che definì la nazione come il “bene più prezioso per il popolo”.
Un capitolo centrale della storia francese è quello del colonialismo. In molti accusano la Francia di essere stato un Paese cattolico, collaborazionista e coloniale. Vi sentite accusati anche voi?
Bisognerebbe studiare i motivi per cui la Francia divenne una potenza coloniale. L’Algeria, per esempio, fu colonizzata per motivi di ordine pubblico, perché da quelle zone provenivano pirati che impedivano ogni forma di navigazione nel Mediterraneo. L’imperialismo non è sbagliato in quanto tale, ma lo è se privo di valori. Per lo stesso discorso nessuna fede religiosa non è da condannare in quanto tale. La Francia ha una radice profondamente cattolica, anche se col tempo abbiamo assistito alla separazione tra Stato e Chiesa che noi accettiamo e in cui ci riconosciamo. Siamo un partito laico nel quale la cittadinanza prevale sull’identità religiosa. Al nostro interno abbiamo cristiani, ebrei e anche molti islamici. Siamo il partito più votato da parte dei musulmani francesi che ci chiedono continuamente di proteggerli tanto dagli islamisti che dagli estremisti islamofobi. Veniamo ritenuti l’avversario più affidabile contro i terroristi.
Per combattere il terrorismo di matrice islamica sareste disposti ad appoggiare quei regimi arabi laici che sono in prima fila nel combattere l’Isis?
Sì, riconosciamo che vi siano dei movimenti arabi laici che vanno sostenuti per combattere l’avanzata del califfato. Io mi auguro che le truppe del governo siriano di Bashar Assad vincano la proprio guerra, anche se non abbiamo contatti diretti né con loro né con i loro alleati iranani o degli Hezbollah. Per adesso siamo favorevoli ad appoggiare i quei governi che a loro volta sono alleati con loro, in primis la Russia. Ciò non vuol dire che noi siamo un partito filo-russo, ma che vogliamo dialogare faccia a faccia con la Russia senza che la nostra agenda venga scritta da Washington. Siamo a favore di un mondo multipolare, in cui la Francia sia equidistante dalle parti citate.
Lei ha citato gli Stati Uniti, Paese che recentemente si è aperto alle unioni omosessuali e sta rendendo tale apertura un cavallo di battaglia della propria politica estera. Cosa ne pensa dei matrimoni omosessuali e le adozioni da parte di coppie gay?
Sono e tutto il partito è contrario alle adozioni da parte di coppie omosessuali e all’equiparazione delle unioni civili al matrimonio. Siamo invece a favore del cosiddetto patto sociale, cioè alla concessione di diritti alle coppie dello stesso sesso perché possano avere delle protezioni sociali e delle garanzie dallo stato, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza medica e l’eredità.
Riconoscere le unioni
civili non significa, di fatto, riconoscere che queste coppie sono già una famiglia?Noi siamo per i diritti, ma la famiglia è un’altra cosa. E per questo ci opporremo sempre alle adozioni da parte dei gay.
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