Lo psichiatra killer voleva i danni dallo Stato

Lo psichiatra killer voleva i danni dallo Stato

Reo confesso. Omicida di un collega. Condannato alla reclusione in una casa di cura perché «incapace di intende e volere» al momento del delitto. La storia di Arturo Geoffroy è la discesa agli inferi di un brillante psichiatra. Da stimato professionista a vagabondo travolto dall'odio, rintanato nella sua auto come un senzatetto, vittima dei suoi stessi fantasmi, convinto che una congiura l'avesse allontanato dal suo lavoro, e finendo per uccidere Lorenzo Bignamini, lo psicologo che ne stava curando i disturbi mentali. Ma il baratro nel quale era sprofondato - sostiene ora Geoffroy - era dovuto allo stress accumulato proprio a causa della sua attività, e a due aggressioni subite da altrettanti pazienti, nel 1992 e nel 1997. Per questo l'ex psichiatra ha fatto ricorso al Tar, chiedendo che gli venisse riconosciuto un risarcimento da parte dell'Asl e dell'Inail, spiegando come la sua fosse una malattia professionale. Niente da fare, gli hanno risposto i giudici del tribunale amministrativo. Tempo scaduto. Quel ricorso, per essere quantomeno trattato, doveva essere presentato più di 12 anni fa.
Perché la domanda di risarcimento di Geoffroy, assistito dagli avvocati Gianfredo Giatti e Angelo Convertini, risale al 21 luglio del 2010. L'ex medico chiedeva «l'accertamento del proprio diritto di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, da parte di Als e Inail, in seguito all'insorgere di una malattia professionale legata alla sua attività di psiachiatra presso il centro psicosociale di via Settembrini 22 a Milano, incardinato presso l'Ussl (ora Asl, ndr) 38» del capoluogo lombardo. Motivo del ricorso? «In seguito a due aggressioni subite nel corso di un quinquennio (nel 1992 e nel 1997), in ragione della sua attività lavorativa», Geoffroy «sviluppava una malattia che, costringendolo ad assentarsi per lunghi periodi dal lavoro, ne causava altresì il licenziamento» a partire dal 21 aprile del 1999. Richiesta bocciata. Spiegano infatti i giudici che simili controversie «relative a questioni attinenti al periodo del rapporto anteriore alla data del 30 giugno 1998 devono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000». Dunque, il procedimento è fuori tempo massimo.
L'ennesimo colpo per un uomo che aveva conosciuto il successo professionale, psichiatra stimato che ormai 15 anni fa inizia a manifestare i primi segni di squilibrio mentale. Nel 1999 viene radiato dall'Ordine dei medici, nel 2001 internato con trattamento sanitario obbligatorio all'ospedale San Paolo, dove Lorenzo Bignamini svolge attività di medico. E contro Bignamini sporge denuncia per sequestro di persona. Denuncia che viene archiviata. Nasce così in lui l'idea del complotto.

Geoffroy compila una lista in cui compaiono i nomi di colleghi, magistrati, forze dell'ordine. Tutti i congiurati. E, in cima a quella lista, Bignamini. Che uccide nell'estate del 2003 colpendolo a morte con un coltello e una balestra.

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