Tutti al centro, tutti dentro. Ma più che un «terzo polo» rischia di sembrare «un fritto misto», per dirla con le parole di Carlo Calenda. Ieri il segretario di Azione, pur apprezzandone le doti amministrative, ha chiuso la porta al movimento neocentrista lanciato a Roma dal governatore della Liguria Giovanni Toti, invocando una «rivoluzione liberale». Idem il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, convinto che Coraggio Italia debba rimanere nel centrodestra. A bocciare la nuova formazione di Toti, Italia al Centro, ci ha pensato poi Silvio Berlusconi che ha ricordato «a questi signori e a tutti i cittadini che il centro siamo noi: il centro è Forza Italia».
Grandi manovre che vedono protagonista anche Milano, e non solo per l'attivismo, non troppo gradito nel centrosinistra, del sindaco Beppe Sala che incontra ministri e sottosegretari, flirta con Luigi Di Maio, ma a cui il centro «non intriga». Calenda il 24 settembre organizzerà in città un incontro per la costruzione di un «polo liberaldemocratico» aperto a «Italia Viva, Toti, Gelmini, Carfagna, Sala, Cottarelli e Giorgetti». Negli stessi giorni, sempre a Milano, anche il deputato renziano Gianfranco Librandi presenterà la nuova associazione anch'essa neocentrista Italia c'è. La consigliera comunale di Azione Giulia Pastorella ci tiene a tenere «le cose separate». Quello di Calenda sarà un congresso che «certificherà la voglia di proseguire un percorso che ci ha visti essere un terzo polo forte e coeso alle amministrative». E sarà «ben altra cosa rispetto a sigle e pezzettini tipo Italia c'è, che hanno un posizionamento poco chiaro», mentre noi «abbiamo lavorato per mesi alle idee con il Programma per l'Italia capitanato da Carlo Cottarelli», lo stesso che Azione vorrebbe come candidato presidente in Lombardia.
Una partita, quella del Pirellone, nella quale cerca di farsi spazio anche il sottosegretario Bruno Tabacci. L'ex governatore della Regione (sono passati più di trent'anni) avrebbe dato disponibilità al centrosinistra a candidarsi. «Si sta auto-promuovendo», lo stoppano però a microfoni spenti dal Pd lombardo che non vede di buon occhio il suo profilo vintage: «Nessuno a livello regionale sta valutando la sua figura», continuano gli esponenti dem facendo notare ai colleghi nazionali che al centrodestra farebbe addirittura comodo un avversario «che guarda al passato» come Tabacci. Domani a Milano ci sarà pure Matteo Renzi. Il leader di Italia viva recentemente aveva sottolineato che in Lombardia «andremo soli se andremo soli anche alle politiche e viceversa». La volontà, quantomeno del Pd, rimane quella di correre «tutti insieme» per strappare la Regione al centrodestra. A picconare il famoso «campo largo», però, ci ha pensato lo stesso Sala che già alle scorse comunali aveva rifiutato di imbarcare i grillini, nonostante la corte di Giuseppe Conte. I suoi attacchi al Movimento «che non attecchisce al Nord» e le critiche al reddito di cittadinanza hanno fatto infuriare i pentastellati, ma hanno agitato anche il Pd: «Sala non sembra interessato a creare le condizioni per cambiare le cose in Regione - attacca il consigliere lombardo del M5s Massimo De Rosa è molto popolare, ma si sta mostrando come poco affidabile. E sta scaricando i Verdi perché lì non vede opportunità per lui».
Lapidari anche i dem che rinfacciano al sindaco di «promuovere soltanto un brand», il suo: «Ha tutto il diritto di farlo, ma dovrebbe giocare più di squadra. E in tanti iniziano a chiedersi perché non si occupi di Milano, visto che non vuole candidarsi».
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