Quelle targhe nere che appena fa buio non si vedono più

Cittadini infuriati per il nuovo look dei cartelli. In Comune aperta un'inchiesta sui responsabili

Quelle targhe nere che appena fa buio non si vedono più

Il giallo delle targhe nere. Targhe stradali che spuntano qua e là per la città, a indicare i nomi di piazze e di vie: un compito che da due secoli viene svolto a puntino dalle classiche targhe in marmo bianco di Carrara, incise una ad una in un laboratorio del Comune da artigiani armati di normografo. Ora, qualcuno fa concorrenza a quelle targhe, così familiari ai cuori dei milanesi, piazzando targhe più grandi, incise su un lugubre sfondo nero, e appena ingentilite da qualche ghirigoro.

La prima, anni fa, in piazza Repubblica, e sembrava un caso isolato. Altre, più di recente, se ne sono aggiunte al Lorenteggio; e da ultimo tra piazza Piola e Lambrate. Così, inevitabilmente, qualche cittadino ha brontolato: ohibò, cos'è questa novità? Oltretutto, appena fa buio le targhe non si leggono più. Peccato che all'ufficio Toponomastica del Comune, dove ci si occupa (oltre a tutto il resto) di produrre e appendere ai muri le targhe, siano caduti dalle nuvole. E, essendo gelosi e fieri del loro lavoro, hanno fatto partire una inchiesta per accertare chi ci sia dietro le targhe nere che spuntano qua e là.

Un primo bandolo del mistero pare sia stato afferrato: le targhe sarebbero figlie di un accordo siglato qualche anno tra gli uffici dell'assessorato all'Arredo Urbano e A2a, la ex municipalizzata che fornisce energia ai milanesi. Dovendo piantare dei pali in giro per la città, A2a avrebbe convenuto di utilizzarli anche per le targhe stradali. L'Arredo Urbano - che è competente sui pali, ma non sulle targhe stradali - avrebbe firmato l'accordo senza avvisare i colleghi della Toponomastica, che quel lavoro lo fanno da sempre. Non è chiaro, poi, se qualcuno abbia esercitato una qualche forma di controllo sulla grafica delle nuove targhe, o se sia stata lasciata alla libera fantasia dell'impresa che le ha realizzate. Quale sia questa impresa, d'altronde, alla Toponomastica non lo sanno. Di certo, non vengono realizzate dal laboratorio interno.

Non è solo un problema di gelosie professionali. La qualità delle targhe - dalla grafica, ai materiali, alla corretta grafia dei nomi, delle qualifiche e delle date che vi appaiono - è da sempre un fiore all'occhiello della macchina comunale. Un osservatore superficiale potrebbe dire: chi se ne importa, a me basta sapere il nome della via. Ma quale elemento caratteristico dell'identità cittadina è altrettanto capillarmente diffuso? Tanto che, se si viaggia verso la periferia, si capisce di avere lasciato il territorio del comune di Milano proprio dal cambiamento nelle targhe stradali.

A Milano vi sono circa 4.100 tra vie, strade e piazze. Tenere in ordine le 38mila targhe stradali che ne indicano il nome è un lavoraccio: sono massicce, spesse due centimetri, e pesano fino a otto chili. Di per loro, sarebbero praticamente eterne, ma inquinamento e vandalismi ne riducono drasticamente la durata.

Così, ogni giorno, oltre a produrre le insegne per le nuove strade (sempre più rare) gli artigiani della Toponomastica si occupano di restaurare o di sostituire quelle malandate: incidendo nomi illustri o sconosciuti sempre con lo stesso carattere, un «Romano» aggraziato in uso dagli anni Quaranta, erede legittimo dei caratteri precedenti, e che ancora a qualche cantone si possono vedere.

Ci tengono, quelli della Toponomastica, così tanto che quando sono apparse le targhe nere hanno pensato di andarle a tirare giù, per capire chi avrebbe brontolato. Purtroppo non avevano scale abbastanza alte.

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