Il regista Syxty, dal palco alle mostre

Le opere del fondatore del Litta esposte in gallerie e spazi urbani

Marta Calcagno

Si arriverà anche al Cimitero Monumentale, probabilmente nel mese di settembre: la notizia è certa anche se non ancora ufficiale, e sarà qui la sede della «Galleria Zero». Con questo incipit un po' sibillino si introduce l'argomento, che in effetti ha qualcosa di profetico, rivelatore, che invita alla scoperta e alla ricerca del nuovo. Stiamo parlando della «Mostra Diffusa», a cura di Paolo Sciortino su un'idea di Alberto Oliva e che vedrà una trentina di opere di Antonio Sixty sparse in altrettanti luoghi di Milano che si improvviseranno gallerie a partire dal prossimo 2 giugno fino al I ottobre 2016. L'attore e regista argentino (Buenos Aires), infatti, rivela di essere sempre stato anzitutto un artista: «ho iniziato negli anni '70 dice-, facevo quadri. Poi sono passato alla performance e in seguito al teatro. Ho ancora un atelier, è proprio sopra al Teatro Litta».

La «Mostra diffusa» non poteva essere progetto più adatto al linguaggio di Sixty, partendo dal fatto che quest'ultimo è un artista «alchimista ed enigmista», in cui la ricerca è profonda, e riguarda l'anima e l'identità stessa dell'uomo.

Per la «Mostra Diffusa» presenta opere in cartone su tela lavorate a tecnica mista di soggetti apparentemente astratti. Poi si legge il titolo di ogni quadro: AP Ec 2: 20-21, ad esempio. O AP Ec 1:2. Si tratta di richiami ben precisi a versi del Quoelet, nome ebraico per l'Ecclesiaste, il Libro dei Libri, la Bibbia: Sixty ne ha interpretato alcuni versi lavorando sulle buste di spedizione di Amazon: «Le trovavo anche in giro, buttate via, ancora con gli indirizzi a cui erano state spedite. Mi sembravano davvero Anime Nascoste'».

Che è anche il titolo della rubrica che Alberto Oliva, regista teatrale, cura dal 2013 su Il Giorno, e da cui è partita l'intera iniziativa: «Invito alla scoperta delle Anime Nascoste' di Milano, ovvero quei luoghi in cui si fa cultura liberamente, e che magari non si conoscono e non si vedono: sono spesso ambienti come caffetterie, ristoranti, copisterie, c'è anche uno spazio in metropolitana, un B&B, ostelli, una piscina comunale, un coworking Li ho trovati o mi sono stati suggeriti: oggi sono 150, e sono accomunati da un nuovo modo di intendere la cultura e il valore che essa può rivestire in un'attività a vario titolo anche commerciale».

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