Ristoranti e bar in piazza. "Il coprifuoco ci fa. fallire Ora basta, siamo a terra"

Manifestazione di 300 esercenti in Duomo. Oggi rischio scontri per il corteo degli ultrà

Ristoranti e bar in piazza. "Il coprifuoco ci fa. fallire Ora basta, siamo a terra"

«Siamo a terra». Piazza Duomo diventa per un giorno teatro della civilissima protesta delle categorie più colpite dal «coprifuoco» governativo, che impone la chiusura anticipata alle 18 delle saracinesche. Sono tanti, imprenditori e dipendenti di pubblici esercizi e locali di vario tipo. Nei lori occhi la preoccupazione per un provvedimento che innesca una crisi senza sbocchi. E l'ansia di risposte urgenti che arrivino da Roma. Chiedono di posticipare la chiusura, di irrobustire i ristori, di prevedere aiuti fiscali. Molti sono vestiti di nero, in segno di lutto, si siedono a terra in silenzio, stendono per terra tovaglie bianche a simboleggiare tavoli vuoti di ristoranti, bar e locali.

Hanno protestato così in 300 ieri mattina: titolari e dipendenti di ristoranti, bar, discoteche, pub, birrerie. Tenevano in mano cartelli che raccontavano la vita loro e del loro comparto. Numeri che rischiano di diventare drammatici sotto il peso delle restrizioni introdotte dal governo, che ha agito con questa finalità: ridurre le occasioni di contagio, al di là di ogni valutazione concreta sul rischio corso nei locali pubblici. Ed eccoli, i numeri di un disastro annunciato: a rischio ci sono 50mila imprese», 300mila posti di lavoro, 27 miliardi di fatturato. «Siamo messi male», racconta il titolare di due pub e una discoteca alle Colonne di San Lorenzo. «Gli aiuti arriveranno come a marzo: insignificanti. Solo a settembre, tra sanificazioni, bollette e altre spese, ho dovuto pagare 5mila euro. Ora mi ritrovo a chiedere prestiti». Dal 26 febbraio la discoteca è chiusa, ora ci hanno chiuso anche gli altri due locali con cui cercavamo di ripartire. Abbiamo chiesto prestiti, ora dovremo chiederne altri, gli aiuti non bastano. Siamo qui in piazza disperati». Il titolare di un bar sul Naviglio Pavese racconta che «quasi tutti i bar sono chiusi, certamente una ventina». «Con questo decreto noi siamo già chiusi - spiega - perché noi lavoriamo di sera, quindi è dal 26 ottobre non apriamo neanche».

La fiducia per l'efficacia delle misure governative è piuttosto scarsa. E il governatore Attilio Fontana oggi farà partire una lettera indirizzata al presidente del Consiglio sui Ristori: «Noi - spiega - abbiamo chiesto fin dall'inizio ristori per le categorie più colpite. Come Regione abbiamo stanziato risorse per venire incontro alle necessità delle categorie più colpite. E oggi come Regione chiederemo al Governo la possibilità che si liberino altre risorse, di cui noi disponiamo, per aiutare queste categorie». Il presidente della commissione Attività produttive del Pirellone, Gianmarco Senna, solleva invece il problema di sagre e street food, «che - spiega - essendo classificate con lo stesso codice Ateco degli ambulanti stanno soffrendo il lockdown da 9 mesi senza alcun sostegno al reddito specifico per questi settori». «Stiamo lavorando per arrivare alla formazione di un codice Ateco specifico per questi operatori economici. Altrimenti, risulterebbero gravemente penalizzati. Il governo intervenga».

Se in Duomo è stato tutto pacifico e civile, si teme che possa andare diversamente domani: una manifestazione è annunciata nel pomeriggio in viale Fulvio Testi

angolo via Clerici. Qualcuno teme che possa ripetersi quanto accaduto lunedì sera in corso Buenos Aires. «Perché Milano - scrive Affaritaliani - ora è diventata il simbolo di quella che loro chiamano dittatura sanitaria».

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