Fischio di inizio. Alle 17 a Palazzo Marino parte la maratona del dibattito pubblico su San Siro coordinato da Andrea Plon, 13 incontri tra cui un sopralluogo partecipato. Ma non sarà un derby tra nuovo stadio sì o no, semmai come. O Milan e Inter potrebbero dire addio a Milano e traslocare a Sesto San Giovanni. Non ci ha girato intorno il presidente del Milan Paolo Scaroni, che con la nuova proprietà Redbird accelera (più dell'Inter) per un nuovo impianto di ultima generazione. Ricorda che nel settembre 2019 le squadre avevano presentato per la prima volta il progetto e «mi ricordo - sottolinea - che ingenuamente a chi mi chiedeva quando lo farete? risposi molto presto, perchè Milano è la città del fare».
Una stoccata alla giunta Sala che non si è schierato nettamente dall'inizio. Invece, sono arrivati 16 paletti dal consiglio comunale che hanno costretto a una prima revisione del piano a settembre 2020, poi altre tre prescrizione della giunta nell'ottobre 2021 - tra cui il taglio delle volumetrie da 0,51 a 0,35 mq/mq, ossia da 145mila a 98mila mq di superficie su cui costruire -, ora i 40 giorni di dibattito pubblico di cui i club avrebbero fatto volentieri a meno. «Ascolteremo posizioni e suggerimenti, certo questo processo ci ha fatto perdere un altro anno di tempo - puntualizza ancora Scaroni - ma sarà tempo guadagnato forse se ne usciremo in modo positivo». Anche perchè passare dall'attuale Documento di progettazione tecnica ed economica al progetto esecutivo vero e proprio costerà almeno 50 milioni e «non li spendiamo se ci sono ricorsi pendenti. Ma pensiamo che il dibattito li depotenzierà». Insomma, è un fastidio che alla fine potrebbe velocizzare la pratica.
Scaroni è molto chiaro: «Continua a uscire il tema della ristrutturazione ma lo abbiamo già scartato, sarebbe impossibile e pericolosissimo giocare partite ogni sei giorni con 50mila persone nel Meazza in cantiere, e non abbiamo impianti a breve distanza da usare per un periodo limitato. O facciamo il nuovo stadio a San Siro o lo facciamo da un'altra parte». Aggiunge che la nuova proprietà del Milan «è ancora più convinta della precedente sulla necessità. Non faremmo un dibattito e non avremmo speso tanti soldi finora se non credessimo di rimanere a Milano, poi guardiamo anche altrove perchè dobbiamo avere alternative. Magari scopriamo dei plus che San Siro non ha. Abbiamo solo piani a, ma ne abbiamo più di uno». Aggiunge che «oggi incassiamo dallo stadio 40 milioni, i nostri competitor più di 100, se vogliamo buoni giocatori dobbiamo avere entrate simili agli altri». E secondo le stime saliranno a 122 milioni. Sembra (quasi) un dibattito sotto ricatto. L'ad dell'Inter Alessandro Antonello usa toni più soft. Sull'ipotesi che le strade dei club possano separarsi risponde che «siamo qui, abbiamo gestito bene insieme il Meazza, siamo un unicum in Europa ma in senso positivo».
Partendo dal taglio delle volumetrie, anche qui l'interpretazione dei club, come spiega l'advisor del Milan Giuseppe Bonomi, è che vadano tolti dal calcolo senza bisogno di variante urbanistica gli 8mila metri quadri in regime di convenzione (museo, spazi sportivi, centro congressi), altrimenti ricorda che la legge stadi concederebbe già volumetrie più ampie. Sparisce dai rendering il progetto della «Cattedrale» dello studio Populous che era stato scelto dai club e richiamava le guglie del Duomo. Si intende che potrebbe far esplodere i costi, i progettisti sono confermati ma il progetto sarà tutto da vedere. «In 3/5 anni tutto si muove, era un'idea ma non diamo niente per scontato, ci sentiamo liberi» spiega Scaroni.
Lo stadio è il cuore del progetto ma i club creeranno un distretto multifunzionale con un mall commerciale di 68mila mq, una torre di 85 piani (21mila mq) all'altezza di via Achille per uffici, compresi quelli di Milan e Inter, museo (2,7 mila mq), campi e spazi sportivi (1,3 mila mq), centro congressi (4mila). «Abbiamo raddoppiato il verde a 103mila mq con 700 nuovi alberi - aggiunge Antonello - e diventerà una enorme ztl, ci si potrà avvicinare in auto ma parcheggi solo interrati e sarà una vasta area pedonale». Il taglio delle volumetrie ha rimosso però uno dei principali paletti fissati dal Consiglio: conservare la memoria del Meazza. Doveva essere salvata una delle torri, «La memoria può essere interpretata dal punto di vista architettonico o rappresentata dai club che hanno fatto la storia e continueranno a giocare a San Siro» sostiene Antonello. Bonomi puntualizza: «Chi ricorda la chiesa di Santa Tecla, demolita per far spazio al Duomo?». Ai comitati del no ricordano che sarà un investimento privato da 1,3 miliardi che «ricucirà una ferita nel quartiere, l'area è occupata oggi da lastroni di cemento. Diventerà più sicura e viva 365 giorni all'anno».
Il nuovo San Siro, costruito sopra un podium, sarà alto 30 metri invece dei 68 attuali, avrà due anelli e una copertura trasparente (stop rumore durante i concerti), avrà standard alti di sostenibilità ambientale ed energetica. La proprietà del terreno resterà del Comune, farà un bando per la concessione in diritto di superficie per 90 anni. «L'affitto è ancora ampiamente da negoziare» sostiene Scaroni. Nel dossier è previsto un canone totale pari a 198 milioni.
E 52 per la demolizione del Meazza. Le tempistiche. Superato (come si può scommettere) lo scoglio del dibattito: via ai cantieri nel secondo semestre del 2024, stadio pronto per il 2027/28 e l'intero distretto entro il 2030.
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