"Siamo tutti Isabelle, uomini e donne al bivio"

Il giovane regista milanese presenta il suo ultimo film in uscita nelle sale il 29 novembre

"Siamo tutti Isabelle, uomini e donne al bivio"

Isabelle è una donna di mezza età con un figlio e un segreto. Un misterioso incidente d'auto in cui è morta una ragazza. Il cippo è diventato un altarino e la polizia indaga. Alla guida della macchina investitrice c'era il figlio di Isabelle che ormai vive in Francia dove aspetta una bambina dalla moglie Julie. Vietato pensare a un giallo, un thriller o qualcosa di simile. Isabelle, nelle sale dal 29 novembre, è stato presentato ieri dal regista Mirko Locatelli nella città dove è nato 44 anni fa.

Allora, chi è Isabelle?

«È una donna al bivio. Deve decidere della sua vita ma ha troppi elementi. Oppure troppo pochi. In fondo, dipende dalla prospettiva».

E finisce per trovarsi a un punto morto.

«Esattamente. Come spesso capita a ognuno di noi. Ci troviamo davanti a due strade e non si sa quale scegliere, perché scegliere non è facile».

Al punto che non si sbilancia e lo spettatore vorrebbe saperne di più.

«Non ne sappiamo di più nemmeno noi che abbiamo scritto la sceneggiatura (sorride). In fin dei conti tutti i personaggi hanno lati oscuri».

Isabelle ha un rapporto quasi morboso con il suo allievo.

«Entrambi hanno un interesse, lui lo studio e... Lei restare aggiornata sull'evoluzione delle indagini sull'incidente automobilistico. Ma è una metafora. Tutti al mondo arrivano a un bivio e tutti hanno un qualche interesse».

E tutti arrivano a un punto morto.

«È il tema della perplessità».

Quale futuro immagina per «Isabelle» nel senso di film.

«Farà il suo percorso. Difficile dire quale sarà. Camminerà sulle sue strade che non saranno quelle della folla immensa ma di un pubblico preciso e selezionato».

Come lo immagina lo spettatore tipo di «Isabelle».

«Uomo o donna non fa differenza. Diciamo che ha più di trent'anni. L'età in cui il tempo comincia a contare molto».

Lei quando ha cominciato a sentire l'importanza del tempo che scorre.

«Da qualche anno. Diciamo, dalla quarantina. Prima non mi ponevo il problema».

Perché lo spettatore tipo dovrebbe accusare il peso del tempo.

«Perché siamo tutti un po' Isabelle. E prima o poi si arriva a quel famoso bivio».

Ipotizziamone uno. Grande o piccolo schermo?

«Grande. Grandissimo. Quando faccio un film penso sempre in... grande. Il piccolo fa perdere i particolari. Le luci. I suoni. Non è cinema sui micro schermi».

Però Netflix continua a produrre e il suo schermo non è immenso.

«E mi domando che fine faremo».

La stessa di libri e cd. Per gli appassionati, il cinema resterà un luogo di culto.

«E io non sono pronto al piccolo schermo. Non ancora».

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